Un romanzo di formazione “Anni luce” (ADD edizioni) di Andrea Pomella che è una biografia, ma anche il racconto comune di una generazione, i ventenni degli anni ’90, gli anni luce perché così veloci da attraversare. La storia di una amicizia, Q. con il quale condividere i sogni, gli sballi, le feste che terminano sempre con un senso di dissolutezza, il grunge, la musica che sottende l’intera narrazione e che appunto parte da Ten dei Pearl Jam, capace di narrare la vita in pochi fraseggi e in quelle parole si specchia la vita. Una scrittura che scava nel ricordo che lo fa diventare memoria, che fa prendere consapevolezza che quel tempo e quella voglia di cambiare sono ormai diventati parte di ieri, su tutto i miti di una generazione da Kurt Cobain a Layne Staley e canzoni che restano dentro che poi basta una nota, solo un accenno, a farti rientrare nel tuo ieri e provare ad aspettare ancora il futuro, il tuo futuro. Una narrazione che procede narrando in parallelo quei giorni, l’Università, la morte di Marta Russo, il senso di sgomento, il senso di inutilità, il disagio esistenziale di una intera generazione dal quale si cerca di scappare attraverso lunghi viaggi senza tante pretese, pretesto per girare l’Europa in maniera precaria, senza posti dove stare, accontentandosi di brandine recuperate e di quel po’ che ci si po’ permettere dai pochi soldi recuperati con suonate improvvisate. Una generazione alle prese con la costruzione della propria identità e che la cerca nei protagonisti della musica di quei tempi, che si ritrova nello specchio delle reciproche solitudini, che stringerà amicizie apparentemente indissolubili, destinate a sciogliersi nel tempo quando gli anni luce lasceranno il tempo al cambiamento.
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