Difficile non parteggiare ora per l’una, ora per l’altra, entrambe donne forti dai vissuti diversi, dalle speranze simili. Sono le protagoniste del bel libro di Titti Marrone “La donna capovolta” (Iacobelli editore) che è un libro che si lascia leggere con il fervore della scoperta. Pagina dopo pagina si viene a conoscenza delle vite delle protagoniste, i capitoli sono alternativamente intitolati a Eleonora e Alina e un più generico Loro ad indicare il resto di persone, parenti, amici, vicini di casa che gravitano intorno alla storia (alle storie) principali. «Sono come crocifissa, capovolta, impalata a due assi che tengono in scacco la mia persona, strattonandomi a metà tra una figlia irrisolta e una madre perduta», scrive di sé Eleonora alle prese con sconvolgimenti esistenziali che mettono in bilico la sua essenza, mentre sua madre sembra sciogliersi in quel male che annulla i ricordi. Alina, la moldava, sarà assunta per essere presente lì dove Eleonora non riesce ad essere, angosciata da un presente che le restituisce il fantasma di quella madre forte e volitiva che l’aveva cresciuta. Tra le due si instaura subito un clima di diffidenza, ognuna chiusa nel proprio mondo fatto di ricordi e soprattutto di necessità di immaginare un nuovo domani. I capitoli restituiscono al lettore il punto di vista proprio delle protagoniste, intrecciano vite e pensieri, lasciano aperti interrogativi e così alla vita tutto sommato “normale” di Eleonora, infranta dalla scoperta di una realtà parallela di suo marito e dal desiderio di intraprendere altre strade da parte di sua figlia, si intrecciano le storie delle donne dei paesi dell’est, vittime di soprusi e di violenze, colte eppur costrette ai più umili lavori, fragili eppure tanto forti da resistere, continuare a lavorare per mantenere famiglie lontane. Le vite delle due donne finiranno per somigliarsi pur essendo agli antipodi, ognuna sconfitta da una realtà che le vuole perdenti, ognuna a cercare di reinventarsi il futuro con il bel capitolo, il penultimo, che finalmente ce le farà trovare una di fronte all’altra, nel corso di un viaggio in treno, metafora di un viaggio di scoperta di se stesse, in una sorta di reciproca confessione fatta di accuse e di voci alterate dalla rabbia. Un libro che “pretende” di essere letto e che non si è capaci di abbandonare fino all’epilogo
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