E’ stato organizzato da Nicola Sguera l’incontro con Franco Arminio per presentare “Cedi la strada agli alberi” (Chiarelettere editore) che oserei dire un libro partecipato da tutti noi che amiamo Arminio, che è praticamente nato sotto gli occhi di tutti, perché l’autore ha più volte pubblicato le poesie sui social chiedendo a tutti di leggere, di commentarle, di dargli indicazioni.
L’incontro all’erboristeria Magà di Benevento, tra i baluardi di “resistenza culturale”, alla presenza di Amerigo Ciervo, Milena Di Rubbo e Nicola Sguera.
Chi si aspettava un incontro formale si è trovato di fronte ad una presentazione eccezionale, fatta di musica (con gli interventi non programmati di Eduarda Iscaro), di battute, di ricordi, di continuo scambiarsi idee e pensieri.
“Perché la poesia è mettere in circolo le idee, raccontarci, sentirci accomunati da un comune pensiero e dalla condivisione” così un irrefrenabile Franco Arminio incalzato dalle domande di Milena Di Rubbo ben presto abbandonate per dare spazio e tempo anche ai presenti.
“Sono un poeta, non sono un uomo. Non so bene cosa significa questa frase, ma sento che nel mio caso è vera e mi sembra giusto pronunciarla” scrive ed è così perché si è poeta perché si è capaci di narrare l’anima e Arminio ne è capace.
Ma la vicinanza di Arminio ad ognuno di noi è nel suo particolare stile, nel suo particolare modo di raccontare in versi un quotidiano che appartiene a molti e che a molti sta sfuggendo.
Osa senza paura, mettere in campo le proprie paure, la paura della morte per esempio, la morte che accomuna tutti, ma che ci impone di vedere la morte di chi ci sta vicino.
La paura delle malattie che lo spinge alla riflessione di sentirci tutti più vicini “aiutare gli altri prima che si ammalino”
Mette al centro i sentimenti per la famiglia, i figli, l’ambiente, quella poetica della geografia interna che gli sta tanto a cuore, che lo ha reso protagonista della paesologia di cui è il grande portavoce.
Poesia che è messaggio delicato, tanto da fargli scrivere “La poesia è un mucchietto di neve in un mondo col sale in mano” diventa in Arminio forza prorompente e dirompente.
Sono poesie profonde, serie, entrano nell’anima, lì restano, diventano parte dei tuoi pensieri, fanno tremare le vene, sono le TUE poesie, perché a leggerle senti che fanno parte del tuo pensiero.
Sono Poesie che, scrive Arminio nella prefazione, partono da un pomeriggio di gennaio del 1976, quando prova a scrivere i primi versi “con una penna rossa”, che continuano ad essere scritti nella 127 verde di Antonietta, che riempiono una marea di fogli.
Poi il passaggio alla scrittura al pc e la raccolta di tantissimi versi che rendono difficile la scelta fino ad arrivare alla stesura di “Cedi la terra agli alberi” che il poeta considera la sua prima vera raccolta di poesie.
“L’entroterra degli occhi”, la prima parte che dà contezza dell’importanza del guardare, il veder ‘oltre’ e farsi ponte attraverso lo sguardo verso una realtà possibile; poi la lunga e devo dire emozionale parte dedicata all’amore in “Brevità dell’amore” che ho particolarmente apprezzato.
Terza parte dedicata al “Poeta in famiglia” e tra i tanti versi la bellissima Lettera a Livio “Ti voglio dedicare una poesia adesso che sono vivo e posso vederti, posso abbracciarti”.
Per finire “La poesia al tempo della rete “piccoli brani in prosa, che appaiono profonde riflessioni sui temi cari all’autore.
Un libro “vero”, profondo, carico di presenze fatte di assenza, di desideri e di certezze, un libro d’amore per l’amore, per la vita, per il paesaggio in versi semplice, diretti.
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