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"Maria", perfezione e tormento della Callas
     
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lun 13-01-2025 06:59, n.14533 - letto 138 volte

"Maria", perfezione e tormento della Callas

Il commento di Maria Pia Ciani

di Maria Pia Ciani


“Essere proprietà in una teca, non è mia ambizione”
“ Maria: ho scoperto dai giornali che ti sei sposato!
Aristotele: A tutti capita di sposarsi perché si ha un giorno libero!”
“Non la amano certo per come canta. Così come amano te per la voce non certo per il corpo!”
Il 1 gennaio le sale festeggiano il nuovo anno con Maria di Pablo Larraìn. Presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, la fine della proiezione ha omaggiato il film con un lungo scrosciante applauso. Il cineasta cileno che, non ancora cinquantenne, vanta una corposa filmografia, appassiona il pubblico con un biotopic dedicato alla Divina, Maria Callas. Il terzo biotopic in realtà; il primo lo dedicò alla first lady statunitense moglie di J.F. Kennedy, Jackie nel 2016, il secondo alla principessa Diana, Spencer nel 2021. Il fil rouge che unisce i tre lungometraggi è la delicatezza della narrazione, mai eccessiva, mai irriverente, sempre garbata, sempre elegante, sempre raffinata, sempre commovente.
In Maria, il regista mette in scena l’ultima settimana di vita della soprano, fino a quel fatidico 16 settembre 1977, quando nell’appartamento al 36 Avenue Gerges Mandel di Parigi, un infarto fermò il suo cuore, a soli 54 anni.
Angelina Jolie, Pierfrancesco Favino ed Alba Rohrwacher raccontano attraverso parole misurate, movenze delicate, sguardi esaustivi ed occhi espressivi la solitudine di una donna che adesso fatica a calcare il palcoscenico più difficile: la vita nell’ombra di colei che è stata, la Divina.
Divina nei ricordi della gente.
Divina, la perfezione della voce incisa sui vinili e che la puntina del giradischi riproduce a volume altissimo. Divina, negli articoli di giornale, nei rotocalchi di vita mondana, nei suoi ricordi in bianco e nero.
Divina, come una Dea che per incantare il pubblico fino ad inebriarlo aveva allenato la sua voce fino ad estendere la gamma vocale così tanto, in modo assolutamente perfetto con l’obiettivo che non ci fosse alcuna differenza tra le sue esibizioni dal vivo e quella incisa sui dischi.
Pare che aver allenato troppo le sue corde vocali a repentini cambi di vibrato, aver preteso tanta perfezione dalla sua voce, si sia poi rivelato controproducente. L’incapacità di offrire al pubblico le esibizioni perfette a cui lo aveva abituato, è stata una delle cause della sua depressione, quel male dell’anima che amori sbagliati ed un’infanzia difficile avevano contribuito a lacerare.
Il racconto della storia di Maria Callas da parte del regista è piuttosto veritiero ed attinente alla realtà, tuttavia alcuni espedienti narrativi sono stati necessari; tra questi la scena in cui Maria incontra il Presidente degli Stati Uniti J.F. Kennedy e quella in cui due ragazze su indicazioni della loro madre, all’interno di un misero appartamento greco, cantano e ballano davanti a due soldati tedeschi. La scena del colloquio con Kennedy caratterizzato da una particolare cura dei dialoghi, è stata necessaria ad introdurre la figura di Jackie nella vita di Aristotele Onassis. La seconda, invece, è che sorprende parecchio il pubblico perché nell’ottimo lavoro di montaggio, ad una prima impressione, questa scena sembra raccontare un’altra storia, un altro film. Il regista prova a mettere in scena ciò che sulla triste infanzia di Maria si racconta, il motivo del forte risentimento nei confronti di sua madre per come aveva sfruttato le sue figlie durante l’occupazione nazista della Grecia.
Il confronto meramente estetico tra Maria Callas ed Angelina Jolie è sterile, il profilo greco e l’aspetto fascinoso non sono distinguibili nell’eterea perfezione della sua interprete. Coperta da una vestaglia bianca di lana lavorata, la Jolie esprime la sofferenza del declino della Divina, donna dal carattere difficile e volubile a cui Ferruccio e Bruna sono abituati, in fondo l’autista e la governante sono la sua famiglia, sono le uniche persone a prendersi cura di lei. Ferruccio controlla che assuma correttamente le medicine, Bruna le prepara di tutto sperando che mangi, provando così a fermare il costante dimagrimento.
L’aspetto a cui Larrìn non ha dovuto pensare è senz’altro quello relativo alle musiche, la voce della Callas resta un patrimonio artistico di un talento inimitabile, lo sforzo della Jolie è stato ad ogni modo notevole perché anche solo prestare la mimica facciale, il movimento della mandibola, l’espressione degli occhi mentre le parole intonate dalla Divina vibrano nell’aria, deve essere stata un’impresa per niente semplice.
Come sovente accade, la scena iniziale del film è quella che ritroveremo alla fine: sull’inquadratura iniziale, un campo ampio, in basso a destra compare la scritta “Parigi, 16 settembre 1977”. Al centro della scena un pianoforte, Ferruccio e Bruna, l’uno di fronte all’altra si guardano, sul lato destro della scena un uomo, la sua voce, che si ascolta in fuori campo, pronuncia chiara “si è trattato di un infarto”. Sul pavimento a sinistra del pianoforte si scorge una figura riversa sul pavimento. Il film continua e racconta cosa era accaduto una settimana prima.
I farmaci. L’intervista con il documentarista Mandrax che stranamente ha lo stesso nome del farmaco che dovrebbe assumere. Le prove in teatro perseguendo l’idea di tornare a cantare. I ricordi in bianco e nero del suo incontro con Aristotele Onassis durante la festa che l’armatore greco organizzò in suo onore ed in occasione della quale, sebbene la soprano fosse in compagnia del marito Giovanni Battista Meneghini, Onassis la corteggiò invitandola ad una crociera a bordo del suo mega yacht Il Chistina O. Galeotta fu quella crociera e chi la organizzò…decretò la fine del matrimonio della Callas con Meneghini e l’inizio della tormentata storia d’amore con Aristotele Onassis che, secondo voci accreditate, pare sia continuata anche dopo il matrimonio di lui con Jackie celebrato nel 1968. Di rara bellezza le scene dell’immaginario concerto sotto la pioggia dinanzi al teatro; si assiste ad un tripudio di costumi orientali dove predomina il rosso, la pioggia bagna i musicisti che imperterriti continuano a suonare i loro strumenti, ed al centro della scena Maria canta con voce perfetta e sul suo viso le lacrime si confondono con le gocce di pioggia. La rappresentazione della consapevolezza di ciò che era e che non sarà più: la Divina dalla potenza vocale perfetta, capace di vibrare dai toni bassi a toni altissimi in un crescendo da brivido. La Divina acclamata dal mondo. La Divina con il mondo ai suoi piedi. Adesso una Donna a cui sfugge quel mondo, si sta irrimediabilmente rovinando sotto i suoi piedi senza lasciarle scampo. Gli occhi tristi che, sebbene sovrastati dalla grande montatura degli occhiali da vista non riescono a celare.
Tra i protagonisti del film, il fedele autista con la schiena dolente a causa delle richieste continue di spostare il pianoforte, Pierfrancesco Favino in un ruolo a latere mette in scena la sua indiscussa capacità attoriale. Discreta, meno invasiva, ancora più a latere nel ruolo della governante Bruna, una tra le più brillanti attrici del panorama internazionale, la grandissima Alba Rohrwacher, la cui perfetta interpretazione non passa inosservata. Lei entra nel personaggio prestando il suo corpo minuto, la voce sottile e l’espressione penetrante. Un solo ciak per Valeria Golino, lei è Yakinthi, sua sorella, fredda ed anaffettiva durante l’incontro in un caffè durante il quale dichiara a sua sorella Maria di non doverle niente e di lasciarsi il passato alle spalle. Nessun conforto quella sorella anaffettiva è capace di offrire a quel dolore, nessuna spalla alla sua richiesta di aiuto. E poi una vestaglia bianca di lana, presente in più scene e inquadrata da varie prospettive. Non si fatica a comprendere che quell’indumento più volte riproposto, abbia un senso particolare. I costumi in un film sono parte fondamentale della costruzione del personaggio, quella vestaglia bianca mi ha particolarmente colpita non solo perché è bellissima, ma soprattutto per il modo in cui la Jolie la indossa e con essa si muove nelle ampie stanze del suo appartamento francese. Ho approfondito, quindi, l’aspetto relativo ai costumi realizzati per Angelina Jolie, ho scoperto che quella meravigliosa vestaglia bianca, prodotto di fine sartoria, è stata realizzata in lana e cachemire con una lavorazione mista ad uncinetto e maglia con inserti a zig zag sempre in lana. E’ stata disegnata da Cantini Parrini, l’ha pensata come un indumento da indossare nell’ambiente domestico, ma capace di rappresentare un’armatura in grado di proteggere Maria dall’ambiente esterno.
Struggente la scena finale dove il pubblico in sala si vede proiettato sulla strada dalla quale si vede la finestra dell’appartamento della Callas, da quella finestra la voce inconfondibile vibra nell’aria paralizzando le persone in strada, ad un tratto restano ferme, estasiate dalla sua voce.
Quella voce che resterà eterna.
Maria è un film imperdibile.


 
 


 

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