Foto Marika De Angelis
Nel libro-testimonianza sulla generazione degli “anni di piombo” di Elena Venditti sono tanti e di diverso tipo gli abbracci ai quali allude l’autrice romana.
Livio Ciavardini, l’estremista di destra di cui si innamora perdutamente e per il quale tradisce idealmente la sua famiglia comunista fino al midollo, non ama farsi abbracciare neppure dalla sua fidanzata.
Sono anni di alta tensione tra “rossi” e “neri”, anni di lotta di quartiere in cui «la sfera privata si annulla nella sfera pubblica e un comunista deve rendere conto dei suoi comportamenti di fronte agli altri compagni».
Elena, condannata per costituzione di banda armata, associazione sovversiva e rapina, tornata a casa dopo l’esperienza carceraria durata cinque anni circa, non vede l’ora di abbracciare la madre, con la quale da sempre ha instaurato un rapporto sincero, ricco di tenerezza, comprensione e complicità.
Con lei non ha paura di piangere, non se ne vergogna.
Di tutt’altra natura è il rapporto con il padre, cronista politico di Paese Sera, fermo e intransigente nelle sue convinzioni politiche, autoritario, geloso e apparentemente incapace di provare empatia verso le figlie.
«Ma che pretendi che ti dica? Che rispetti le tue idee, che sia contento che la sua primogenita nata e cresciuta in un barattolo di vernice rossa abbia deciso all’improvviso di tuffarsi in un barattolo di vernice nera?».
Complesso è anche il rapporto con la sorella Mariella, allora impegnata con i giovani comunisti della FGCI, oggi giornalista affermata del TG3.
Le due sorelle Venditti sono sempre state complici e rivali allo stesso tempo, finché Elena non «cominciò a farsela con i fasci, diventò fascista. Per gioco, per sfida, per bisogno di esserci oltre che di apparire».
Nella presentazione del libro promossa dal Centro Studi “Ugo Gregoretti”, dalla Proloco e dall’Amministrazione Comunale di Pontelandolfo, tenutasi nel meraviglioso giardino della Torre medievale di proprietà della famiglia Melchiorre, Elena Venditti è apparsa provata ma al contempo determinata a far conoscere la verità su quegli anni ricchi di misteri.
Partecipato ed emotivamente intenso è stato l’incontro con l’autrice che, segnata da una ferita non ancora rimarginata, ha risposto alle domande della sorella Mariella e delle tante persone intervenute.
«Di àncore di salvezza noi giovani degli anni 80 non ne abbiamo avute. Ci siamo lanciati nel vuoto, spinti da un uragano interiore che ci ha resi ribelli».
Nel libro emerge il suo modo di essere fuori dagli schemi oltre il copione scelto dalla famiglia e dagli altri.
Nella giovane Elena riaffiorano prepotenti le contraddizioni di una «figlia inquadrata che si ribella, che vuole gridare le sue idee, quelle idee scelte per fare scandalo».
Nella Prefazione Aldo Cazzullo commenta: «A un certo punto la storia va oltre la politica, l’Italia degli anni Settanta, le tensioni familiari, la psicologia di un’adolescente, e porta i lettori nella sfera dell’amore e della morte, del masochismo e della catarsi, del disperato bisogno del bene altrui e el male proprio, della ricerca di una salvezza del corpo e dell’anima impossibile ma necessaria.
Una discesa agli inferi e una risalita che non si possono accennare in una prefazione: bisogna leggere Non mi abbracciare».
Foto Marika De Angelis
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