Eva è una bambina bella, bionda, frutto di un amore totalizzante e felice. Eva cresce, ma è consapevole di non stare bene nella pelle di donna, vuole diventare uomo, è il suo più grande desiderio, fin da quando, bambina, chiedeva a Babbo Natale in dono un pisello che le permettesse di dimostrare al mondo di essere un maschio. Eva è la protagonista di “La madre di Eva” (NEO edizioni) di Silvia Ferreri presentato al premio Strega 2018 da Ottavia Piccolo ed è il racconto del suo percorso di “transito” che occupa le pagine del libro a margine dei ricordi di sua madre che come ogni madre l’ha amata di amore infinito, l’ha protetta dal mondo e prende per lei e con lei una decisione dolorosa. Decide, ed è decisione sofferta, di accompagnarla all’alba dei suoi 18 anni nel percorso di rinascita che darà a Eva un nuovo nome, Alessandro (il nome sognato già da piccolina), una nuova identità, una nuova vita. Un monologo intenso, doloroso, forte, avvincente, il registro narrativo del libro che si apre sulla figura della madre in attesa davanti la sala operatoria di una clinica serba che la bambina che da lei era nata le venga restituita uomo, in attesa che il chirurgo la “sezioni e le amputi le parti che non saranno necessarie”, con la speranza che lei sia finalmente felice. E le sue parole sono avvolgenti, tengono stretto il lettore, lo portano tra le pieghe di un dolore che probabilmente sarà difficile da metabolizzare, attraversando i mille sensi di colpa di una madre che si sente colpevole di aver messo al mondo una figlia femmina imperfetta, una creatura a metà tra l’essere e il non essere. Il libro è anche la narrazione di un viaggio complesso nell’autodeterminazione della madre che attraversa tutte le fasi del cambiamento, dal senso di vergogna per avere una figlia non conforme agli standard, al senso fortissimo di difesa per quel cucciolo che ha sempre, comunque e nonostante tutto, bisogno di lei, fino ad arrivare all’accettazione del suo desiderio e accompagnarla da chi vede come un carnefice, quel chirurgo che ridarà a Eva, ormai Alessandro, la voglia di vivere. A latere si stagliano altre figure: il padre, sempre dalla parte di Eva nonostante le remore e le paure e da lei quasi venerato, il nonno tenuto al margine e all’oscuro di tutto, la nonna che donna forte e determinata finisce per accettare una situazione che per età e un certo tipo di educazione non riesce a considerare come necessaria, su tutto il senso della ricerca della felicità. Un libro intenso e bello e non solo perché tocca un tema ancora considerato ai “limiti”, ma soprattutto perché Silvia Ferrari riesce attraverso la sua narrazione a tracciare un percorso nuovo eppure sempre uguale sulla maternità e sul rapporto con i figli.
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