E’ Trina la protagonista di “Resto qui” (Einaudi) il libro di Marco Balzani presentato al premio Strega 2018 da Pierluigi Battista. Trina che è un’insegnante e che troviamo proprio quando insieme alle sue amiche sta preparandosi all’esame di maturità. Siamo in Sud Tirolo, a Curon, che di lì a poco sarà sommerso dall’acqua di una diga. Una vita tutto sommato semplice, fatta di natura e di alpeggi e di sogni, tanti sogni di un futuro tra i bambini dopo un’assunzione nelle scuole locali. Ma arriva Mussolini e decide che il Sud Tirolo non può permettersi quei nomi in tedesco, tutto viene cambiato e perfino i nomi delle lapidi al cimitero diventano italiani. Trina non riuscirà ad insegnare se non in scuole clandestine, intanto si innamora e sposa Erich e ha de figli Michael e Marica. Proprio Marica è la protagonista assente del libro, Marica che a 10 anni scompare per non fare più ritorno a casa, Marica cui il padre non ne ha voluto più parlare, ma che le ha dedicato un quaderno di ricordi che ha attraversato la sua vita, le battaglie in guerra, la clandestinità ammantata di orrori, la lotta alla costruzione della diga della Montecatini che seppellirà per sempre la memoria e la storia di Curon sotto metri di acqua dalla quale emergerà, ora solo attrazione turistica, la vetta del campanile, muto testimone del doloroso passato. Il libro segue una narrazione che è frutto di approfondite ricerche storiche e che al contempo trasmette sentimenti e passioni e quasi impone una lettura continua alla scoperta del finale che nonostante l’orrore della guerra, le morti, le uccisioni, lo sfratto dai propri masi, troverà i protagonisti superstiti alle prese con una nuova vita, tutta da inventare, il pensiero fisso a quella figlia “che non merita parole di sofferenza” ma solo il racconto di quanto travaglio possa esserci nelle vite di chi resta. “Non ti racconterò la tua assenza. Non ti dirò una sola parola degli anni passati a cercarti, dei giorni sulla soglia a fissare la strada. Non ti dirò di tuo padre che senza salutarmi esce di cas. Non ti dirò dei mesi in cui ciascuno di noi all'improvviso scappava, senza avvisare gli altri, e tutti e tre trovando la casa vuota pensavamo che prima o poi i boschi ci avrebbero inghiottito. Persi per sempre nell'insensato tentativo di riportarti qui. Dove non volevi più stare”, si legge nel testo. Bella narrazione che colpisce per la semplicità dei concetti che sono linfa vitale espressa in maniera accurata, per lo spessore morale dei protagonisti, prima tra tutti Trina che nonostante i suoi dolori cerca di essere sempre vicino agli altri e sostenerli fosse solo leggendo le lettere che arrivavano dal fronte a mogli e madri in attesa di una speranza. Libro importante per riaccendere la memoria su una parte della storia di quel confine orientale di cui ancora poco si conosce.
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