 Tre anni sono un tempo breve se si fa i conti con un dolore infinito; sono un tempo lungo se si considera che chi ha ucciso Esther non ha ancora un nome e forse non lo avrà mai. Per ricordare Esther, la giovane nigeriana uccisa da un cliente nei pressi di Parco Cellarulo il 14 giugno del 2016 e accendere un faro sul problema della tratta il Consorzio Sale della Terra, la Caritas e la Solot- Compagnia Stabile di Benevento, hanno portato in scena il progetto "Esther, per non dimenticare”, promosso dalla Curia di Benevento e finanziato dalla Conferenza Episcopale Italiana all'interno della Campagna "Liberi di partire, Liberi di Restare”, con tre pièce, protagonisti i laboratoristi della Scuola di Teatro. “Ego me absolvo”, il primo momento, andato in scena lo scorso 13 giugno, con il laboratorio Over 26 della Solot, a cura di Antonio Intorcia, Carlotta Boccaccino e Celeste Mervoglino, con Carlo Maria Berruti, Antonella La Frazia, Sabrina Nicoloro, Giovanna Reveruzzi, Anna Aspasia Russo, Paola Tranfaglia e Nella Ventorino, per la regia di Antonio Intorcia. Un momento di forte intensità, al centro la storia di Esther e l’indifferenza di un’intera popolazione pronta ad additare, condannare, accusare le ragazze che vendono il corpo a concittadini “vogliosi”. “Ego me absolvo” è il tentativo di scaricare sugli altri una colpa collettiva perché come ha ben evidenziato Don Nicola De Balsio in apertura di serata, “la morte di Esther è anche colpa mia”. La seconda serata, ieri, 15 giugno, ha viste protagoniste le laboratoriste del laboratorio Trivium – Centro storico (tutte o quasi alla prima esperienza attoriale) in "...Non è il mestiere più antico del mondo" con Roberta Capuano, Annamaria Cerracchio, Carmela Ciaglia, Sara Cicchella, Sabina Coretti, Filomena Donato, Francesca Esposito, Pina Pirozzi, Nunzia Zotti che con l’attenta regia di Assunta Maria Berruti e Paola Fetto (anche autrici dei testi) ha puntato alla narrazione del fenomeno prostituzione innestandolo con i racconti di tratta e di violenza per giungere alla conclusione che no, non è il mestiere più antico del mondo; che no, non guadagnano le prostitute dalla vendita del loro corpo, che invece la prostituzione è la più antica forma di sfruttamento del corpo delle donne. Stasera l’ultimo appuntamento con i laboratoristi del TeatroStudio in “Esther”, ancora un momento di profonda riflessione sul brutale femminicidio, sull’assoluta indifferenza di tanti, troppi, sull’assenza della città ai funerali di chi in Italia era arrivata solo per concedersi la possibilità di un futuro migliore. E il discorso, dopo l'introduzione di Angelo Moretti, è partito da lontano perchè tante sono state le Esther della storia, tutte sfruttate, violate, abusate, nessuna prostituta per sua scelta. Come sempre bravi i protagonisti: Raul Calandrelli, Mario Canfora, Gabriele Curatolo, Marika Iannelli, Giulio Miele, Anna Moretti, Alessandra Napoletano, Nicola Orlacchio, Francesco Pascarella, Glauco Rampone, Emanuela Rapuano, Andrèa Stringile guidati dalla regia di Antonio Intorcia che con Carlotta Boccaccino, Celeste Mervoglino ha curato i testi. Intensa la restituzione al pubblico commosso da una storia di ordinario menefreghismo da parte di una collettività troppo attenta ai propri bisogni e sempre intenta a ignorare chi è diverso.
Cosa resta da questa tre giorni di intense interpretazioni? Il senso di una sconfitta, il dolore profondo per non aver potuto o voluto fare di più, la rabbia per l’assenza di giustizia, la consapevolezza che solo da un moto della coscienza collettiva forse si potrà arrivare alla verità, la certezza che è ancora lungo il percorso per abolire la tratta delle donne.
















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