La storia dolente di Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, è stata ripercorsa al Cinema Teatro San Marco di Benevento da Daniela Fazzolari, che ha letto con grande partecipazione emotiva e forza espressiva le pagine più significative del viaggio nell’inferno dei lager, facendo rivivere tappa dopo tappa il triste calvario della deportazione degli ebrei italiani, prelevati a Milano dopo l’applicazione delle leggi razziali fasciste, avvenuta nell’estate del 1938.Tra le donne arrestate e portate via c’era Liliana Segre. Il testo, scritto dalla senatrice a vita, si chiama “Avevo solo 13 anni”, è stato adattato in forma teatrale dal regista Giambattista Assanti e si avvale delle musiche di Ennio Morricone. Nella versione portata in scena al San Marco è stato accompagnato dalla piccola orchestra degli allievi del Liceo Musicale Guacci, diretta da Debora Capitanio. Per la recitazione hanno collaborato gli studenti della scuola primaria Bilingue. La voce dell’attrice e tutti gli altri contributi artistici hanno dato vita ad un racconto intenso, terribile e dolce. Liliana Segre aveva solo 13 anni quando fu prelevata nella sua casa di Milano, fu portata prima nel carcere di San Vittore e poi spedita ad Auschwitz, nel campo femminile di Birkenau. Con la caduta del fascismo gli ebrei speravano di salvarsi, ma dopo l’otto settembre 1943, i nazisti occuparono l’Italia e la loro persecuzione si fece più feroce. Si scatenò una vera e propria caccia all’uomo. Gli italiani avevano consegnato gli elenchi ai nazisti. Il padre della senatrice aveva 43 anni. “Nel carcere di San Vittore -racconta Segre- vissi gli ultimi giorni con lui. Qui i detenuti si comportarono in modo splendido, ebbero pietà di noi. Ci benedicevano e ci davano coraggio. Furono gli ultimi uomini che incontrai. Mio padre mi affidò ad una signora. Quando arrivai a Birkenau, davanti a me una serie infinita di baracche recintate con filo spinato elettrificato, donne ischeletrite, vestite a righe, picchiate, inginocchiate. Cos’è questo posto incredibile? Pensavamo di essere arrivate in un manicomio. Ma lì nessuno era pazzo. Scegliemmo la vita. Capimmo che se volevamo vivere non dovevamo guardare. Io fui davvero molto fortunata perché fui scelta come operaia in una fabbrica di munizioni ed utensili di guerra”. Il racconto teatrale è stato preceduto dalle parole della stessa Segre trasmesse in una intervista registrata. Dei 605 deportati milanesi ritornarono solo in 22. La giovane attrice Fazzolari scandisce con delicatezza e profondità tutti i momenti più tragici e sconvolgenti. Particolarmente emozionante la vicenda del distacco da una cara amica. “Io non guardavo- spiega la senatrice- ero vigliacca. Non volevo guardare le compagne. Io volevo essere quella di prima. Ho scelto l’indifferenza. Io non mi voltai di fronte alla ragazza francese di 22 anni, bella, bionda, portata nella camera a gas, colpevole solo di essere nata”. La senatrice, che oggi vive con la scorta per le minacce subite, ha voluto lasciare un messaggio ai giovani, letto dall’attrice, a conclusione dello spettacolo. “Spetta a voi, nuove sentinelle, l’esercizio infaticabile della memoria -ha scritto- per un percorso di guarigione civile, che serve a mantenere in buona salute la nostra democrazia. Il principio democratico è formidabile. Immaginate un albero in cui i principali rami si chiamano Pace, Uguaglianza e Libertà. Spero mi saprete perdonare per l’assenza. Il futuro è nelle vostre mani e la stella polare che vi guiderà si chiama Costituzione”.
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