Sabato 22 febbraio 2020, alle 20.45 Teatro Massimo di Benevento, Spettacoli srl, Tradizione e Turismo srl presentano Peppe Barra in I Cavalli di Monsignor Perrelli scherzo in musica in due tempi con Patrizio Trampetti, Enrico Vicinanza, Luigi Bignone, scene Carlo De Marino, costumi Annalisa Giacci, musiche Giorgio Mellone regia Lamberto Lambertini Peppe Barra e la madre Concetta fondano, nel 1982, con Lamberto Lambertini, una Compagnia Teatrale. Dodici anni di creazioni originali che vengono rappresentate in tutto il mondo. Nel 1994, morta anzitempo Concetta, Peppe e Lamberto chiudono la Compagnia, ma, dopo venticinque anni, ci riprovano. Questo spettacolo nacque nel 1991, e fu il primo, dopo dieci anni di creazioni, senza Concetta Barra, sofferente del “Fuoco di Sant’Antonio”. Unici interpreti Peppe Barra e Patrizio Trampetti. L’intento era quello di presentare al Festival di Benevento un buffo duello teatrale, raffinato e popolare, tra due attori molto amici, che avevano anni di consuetudine a tenere insieme la scena. La decisione di riproporre questo spettacolo nasce dal desiderio di Peppe Barra e Lamberto Lambertini, dopo troppi anni di separazione, di lavorare nuovamente insieme. La scelta cade sul “Monsignore!”, perché questo giocoso atto unico è ancora una intatta materia prima, per una rinnovata messa in scena. Uno scherzo in musica, in due tempi, nello stile comico ed elegante della commedia all’antica italiana. Una prova d’amore verso l’arte del teatro, luogo rituale, dove l’Attore, immerso nel suo mondo, come un pesce nel suo acquario, possa trasformare, complice il pubblico, il suo talento e i suoi incubi in un sogno condiviso. L’epoca è quella di Ferdinando IV di Borbone. Monsignor Perrelli, qui interpretato da Patrizio Trampetti, è un uomo di chiesa, ma anche un eccentrico uomo di scienza, che spiattellava invenzioni stupefacenti, al limite della cretineria, che sono diventate il corpo leggendario della vita di quell’involontario portatore sano di pura, infantile follia, che racchiudeva, nel bene e nel male, le caratteristiche dell’aristocratico campagnolo al tempo del Borbone. In questo spettacolo viene messo in contrasto, con Meneca, la sua fedele perpetua, vittima rassegnata delle sue stramberie, interpretata da Peppe Barra, travestito da donna per la prima volta dopo i tempi della Gatta Cenerentola, la quale, stremata dalle continue imbecillità del suo padrone, si sfoga a tu per tu con il pubblico in sala, con irresistibili monologhi. Ma, come accade in ogni coppia che si rispetti, continuerà ad accudirlo con le sue amorose attenzioni, tenendolo al laccio con la sua arte culinaria di schietta tradizione campana. Monsignore ha la testa tra le nuvole, Meneca ha i piedi per terra, due esseri distanti e vicinissimi. Oltre ai due protagonisti, Peppe e Patrizio, complici fin dagli anni settanta di spettacoli colti e popolari, vi saranno altri due attori/cantanti, Luigi Bignone e Enrico Vicinanza, che dopo essere apparsi, nella prima scena, come incubo del Monsignore, nei panni del Padre e della Madre, nell’antico giorno della sua nascita, interpreteranno, coppia fantasmatica, godibili intermezzi canori, con arie famose o dimenticate che affondano nel labirinto della nostra memoria. Le scene di Carlo Demarino, con il Vesuvio che incombe, fumante ed eruttante, dal balcone della villa, i costumi, ricchi e giocosi di Annalisa Giacci, e le musiche originali di Giorgio Mellone, rimandano scherzosamente a quell’ottocento, quando la vita, come molti amano credere, scorreva leggiadra e serena, nel profumo appagante del mare, degli agrumi, del cibo e nella dolce melodia delle canzoni. Uno spettacolo per grandi e per piccini, con una sottile vena di malinconia, ma senza rimpianti del passato, semmai del futuro.
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