Non è facile per Geremia essere un padre nemmeno quando per tuo figlio sei un supereroe e per te nasconderà alla mamma tutto ciò che gli hai permesso di fare in quella memorabile estate del ’77. Molto più semplice e naturale è essere “il contrario di padre”, uno senza regole, un giocatore d’azzardo, uno che sprezzante del pericolo si trascina il figlio in una estate che sembra senza fine. L’ultima estate, Geremia e suo figlio Giulio non si vedranno più nonostante quel “ci vediamo,campioncino!” quasi urlato di fronte al portone di casa. Passano gli anni, tanti, e una voce femminile, al telefono, annuncia a Giulio la morte di Geremia. Un annuncio terribile a inizio narrazione che accompagnerà tutte le pagine del romanzo che attraverserà quell’estate, quelle scoperte, riaccenderà il ricordo del senso di sfida, delle decisioni improvvise, di una vita al limite, quella di Geremia, vista attraverso gli occhi di un bambino che capisce bene che molte azioni del padre sono sotterfugi, che i doppifondi della Giulia color amaranto nascondono qualcosa che non può essere tenuta alla luce del sole, ma che fa di Geremia un padre, anzi, il contrario del padre, quello capace di sconfiggere due ragazzini campioni di ping pong, quello che a Giulio insegna a usare la pistola, quello che in qualche maniera lo mette a conoscenza di una vita allo sbaraglio in netta antitesi con la vita fatta di rigide regole (accuratamente trascritte in un quadernetto) che gli impone sua madre. Un libro molto ben strutturato, che coinvolge il lettore che finirà per sentirsi tutt’uno con Giulio e la sua forte sensibilità. Il libro è stato proposto al premio Strega da Giovanni Pacchiano.
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