Quattordici anni sono trascorsi quando, durante l’ultimo anno di vita di sua moglie, l’autore di La metà del cielo (Mondadori), Angelo Ferracuti, ha iniziato a raccogliere pensieri e testimonianze su ciò che stava accadendo alla sua famiglia. Una sorta di anticipazione di elaborazione del lutto imminente che avrebbe finito per devastare la tranquilla esistenza di una famiglia serena tra gli altri e bassi di un menage quotidiano. Il tentativo di appuntare ricordi, quindi, ma anche di cercare di superare un dolore intenso, una lunga gestazione poi la pubblicazione. Una telefonata l’inizio della narrazione, sua figlia che gli annuncia “mamma è morta!”, il senso di stupore pur nella certezza che sarebbe successo, il senso di straniamento nel ricevere gli ospiti dolenti, ma il cui dolore non avrebbe mai potuto superare il suo, sordo, intenso, denso. Intorno la vita che continua indifferente ai singoli: dalla finestra di casa a lutto arriva l’eco della morte di Pinochet, il terribile plurimo omicidio di Erba, i tanti problemi di una società indifferente, di una città sempre più imborghesita. Nel mentre il devastante senso di colpa di chi impotente contro il male non ha potuto far nulla per salvare chi ama. La narrazione procede per flashback: quel giorno in cui l’ha conosciuta, l’amore sbocciato all’improvviso, il matrimonio, le due figlie (che ora vivono lontano), la crisi ceh avviene al decimo anno di matrimonio, fino alla scoperta di quel qualcosa che distruggerà tutto, il cancro. La morte, la caduta in una spirale perversa fatta di solitudine, di ansia, di alcool, la sopravvivenza nel ricordo che si fa presenza tangibile, nel suo profumo che aleggia ancora negli abiti, nelle visite al cimitero dove si trova a parlare di ciò che succede alla foto di Patrizia, questo il nome di sua moglie. Aleggia la disperazione, il senso di impotenza fin quando, nella seconda parte del libro, una donna arriverà a portare pace dove è il tormento e a ridare speranza nella costruzione di un nuovo futuro senza mai dimenticare ciò che è stato. Una lettura coinvolgente in cui chi legge entra in silenzio condividendo il dolore, il senso di sconfitta, la caduta nella solitudine, il tentativo di risalita. Il libro è stato proposto al premio Strega 2020 da Paolo Di Stefano
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