Ecco l’ottavo gruppo di libri proposto allo Strega 2020 dagli amici della domenica Gian Arturo Ferrari:
"Ragazzo italiano" (Giangiacomo Feltrinelli Editore), proposto da Margaret Mazzantini «Ragazzo italiano è un libro scritto con uno spirito fanciullesco, nel senso più nobile del termine. Per me avrebbe potuto intitolarsi anche “Giovane”. Il giovane preso per mano lungo queste pagine, negli anni della sua crescita: un antieroe fragile, un bambino che vive circondato da donne, educato da donne, fasciato innanzitutto di stupore. E giovane è anche lo sguardo del narratore che torna ad accostarsi a quel bambino, poi ragazzino, poi ragazzo, nelle tre parti che compongono il romanzo. Ferrari riporta, ricrea in maniera formidabile, dialoghi che sono tranches di vita, che fanno pensare a certi quadri espressionisti, a certe fotografie di umile gente messa in posa. Hai la sensazione di stare in quelle case, con quelle persone. I dialoghi sono arterie vitali nascoste sotto il tessuto narrativo di un mondo che comunica con noi attraverso queste voci. Quel tessuto narrativo, poi, possiede una grazia d’altri tempi, connaturata a un’epoca più timida. Un’Italia più giovane, più sprovveduta, l’Italia partorita dalla guerra, con il suo grande gregge di reduci. Mentre Ninni avanza di statura, il mondo intorno muta violentemente, e s’intravede già molto di quello che sarà – il tempo dell’accumulo insensato, della solitudine dei molti, della disgregazione sociale – attraverso la finestra che questo romanzo di formazione apre e lascia aperta. Gian Arturo Ferrari ha scritto un vero romanzo. Perché alla fine cosa si chiede a un romanzo? Una ricreazione, nel senso dello svago, della nobile pausa nell’esercizio della vita quotidiana, ma anche la ri-creazione di un mondo comune, attraverso uno sguardo e una visione, che ricostituisca un involucro vitale. Perché, in questa polverizzazione culturale che ci sposta sempre un po’ più in là nella nostra solitudine antropocentrica, il vero scopo della letteratura è quello di renderci, finché sarà possibile, un po’ più umani.»
Valerio Gaglione e Fabio Izzo, "Uccidendo il secondo cane" (Oblomov Edizioni), proposto da Piero Mastroberardino. «Sono lieto di proporre la candidatura al Premio letterario Strega dell’opera Uccidendo il secondo cane di Valerio Gaglione e Fabio Izzo. Si tratta di un romanzo grafico d’ampio respiro letterario. Narra la vita di uno scrittore polacco al tempo della cortina di ferro. Il protagonista è una figura iconica, privilegiato osservatore, spesso distaccato ma complice di uno scenario inquietante e disturbato. Un libro intenso, avvolto da un manto oscuro che rievoca a tratti la letteratura satirica.» Marina Valensise,
“La temeraria. Luciana Fossati Gawronska, un romanzo del Novecento” Marsilio Proposto da Eva Cantarella «Il libro di Marina Valensise La temeraria, Luciana Fossati Gawronska, un romanzo del Novecento traccia la biografia di una persona realmente vissuta, la cui vita consente all’autrice di illustrare aspetti e momenti della vita italiana del XX secolo. La donna di cui si tratta è Luciana Fossati Gawronska, nata dal matrimonio di Alfredo Fossati, fondatore della Stampa e senatore del Regno (liberale e progressista, anche se politicamente conservatore e notevolmente antifemminista) con Adelaide Ametis, discendente da un’aristocratica famiglia piemontese, di temperamento artistico, anticonformista, spregiudicata, naturaliter femminista (ben presto delusa dal marito, del quale molto giovane si era infatuata). A fare conoscere Luciana ai lettori è un primo capitolo che descrive l’infanzia sua e dell’adorato fratello minore Pier Giorgio, l’educazione rigidissima impartita in famiglia, le tensioni sotterranee tra i genitori percepite sia da lei sia dal fratello, il difficile e complesso rapporto con la madre, che resterà problematico per tutta la vita, e l’influenza di tutto questo sulla sua personalità: una sorta di breve romanzo di formazione, seguito dal racconto della vita adulta di Luciana, ricostruita dall’autrice grazie alla consultazione di una serie di documenti d’archivio messi a disposizione dalla famiglia Gawronski, che una scrittura dettagliata e sapiente inserisce nel contesto sociale e politico della seconda metà del Novecento, illuminandone inediti e interessanti dettagli. La Temeraria racconta la storia di una donna inconsueta, certamente contraddittoria ma in alcuni aspetti esemplare, la cui storia stimola a ragionare su una serie di temi quali, tra gli altri, l’importanza di un’educazione che superi gli stereotipi della differenza di genere, il conflitto tra la tradizione borghese e l’emancipazione femminile, e quello tuttora irrisolto fra le donne e il potere. E lo fa con una scrittura piacevole, scorrevole e sapiente che unita alle ragioni di cui sopra mi ha indotta a candidarlo al premio Strega.»
Giovanni Ricciardi, "La vendetta di Oreste" (Fazi Editore), proposto da Saverio Simonelli «Novalis diceva che i romanzi nascono dalle insufficienze della storia. E la storia dell’esodo dei Giuliano-Dalmati dalla loro terra negli anni atroci e spietati del Dopoguerra di insufficienze ne conta molte, esposta com’è ai venti delle ideologie che devastano memorie e dolori dei singoli in nome di letture politiche e fatalmente parziali. Ne La vendetta di Oreste Giovanni Ricciardi affronta il tema con lo sguardo del narratore che ha a cuore le persone e si lascia ispirare dal fascino di un mistero. Come nella migliore tradizione dei romanzi di investigazione lo spunto è il rinvenimento di una lettera e di una pistola. Due colpi mancano a questo relitto di un male ignoto che affiora da un passato dove tutto è incerto e nebuloso. Due indizi tanto sinistri quanto esili. Decenni dove le tracce dei fatti si confondono e i volti dei loro interpreti inevitabilmente sbiadiscono. Costruendo sapientemente il suo arazzo Ricciardi intesse trame dove affiorano quindi anche i “dimenticati” della storia, come Maria Pasquinelli, nazionalista toscana autrice di un attentato durante la cerimonia del passaggio di Pola e della Dalmazia alla Yugoslavia. Ma le caratteristiche che fanno di questa storia più di un giallo non sono solo queste evocazioni, né la duttilità stilistica, l’elegante trasgressione delle convenzioni del genere o le allusioni colte da grecista quale l’autore è, ma per il lettore la sensazione di avere non solo dipanato i grovigli di un mistero quanto quella di avere attraversato ferocia, vendette, sentimenti violati, e aver trovato alla fine la sorpresa di un perdono che oltre a stupirlo dimostra quanto l’inattesa rivelazione di un di più di umanità non sarà forse il modo perfetto di colmare definitivamente le insufficienze della storia ma di rivelare quanto il cuore di un uomo, anche gravato di rancore, la crudezza della storia riesca miracolosamente a redimere.»
Gian Mario Villalta, "L’apprendista" (SEM Società Editrice Milanese), proposto da Franco Buffoni «Personaggi autentici della provincia friulana animano questo nuovo romanzo di Gian Mario Villalta in modo nitido e poetico. L’apprendista – mentre pare raccontare la storia di due “umili” – Tilio e Fredi, riesce in realtà a fare esplodere universi di discorsi storici, sociali e profondamente umani, grazie a uno stile di scrittura elegante e intenso, intimamente sentito. Mentre la trama intesse nei pensieri, nei dialoghi e nei racconti un furibondo intrico di paure e desideri, rimpianti e speranze, capaci di coinvolgere le esistenze degli altri abitanti della piccola comunità. Scolpendo un microcosmo di realtà vissuta con notevole sapienza stilistica, Gian Mario Villalta, già molto noto e accreditato per i romanzi precedenti editi dalla stessa Sem e da Mondadori (ricordiamo Tuo figlio), consegna al pubblico dei critici e dei lettori – con L’apprendista – una delle opere più significative della nuova stagione.»
Fonte https: www.premiostrega.it
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