Oggi è l’8 marzo o, come preferiamo alcune di noi, lotto marzo. Potremmo scrivere di tutte le occasioni in cui le donne si sentono insicure, vulnerabili. Ce ne sono tante, oggi leggeremo del numero dei femminicidi dall’inizio dell’anno, del movimento #metoo che si è parzialmente riscattato con la sentenza di Weinstein, della disparità salariale (e di quando nel lontano futuro si raggiungerà la parità), del tetto di cristallo che vieta alle donne di raggiungere le posizioni più alte in alcuni campi professionali, del sessismo e oggettificazione della donna nelle pubblicità, nei film, in televisione. Spero che leggendo questi aspetti, si possa pensare ad una prospettiva intersezionale, tenendo ovvero presente che alcune donne sono vittime delle ingiustizie sociali da più punti di vista (penso ai concetti di classe, di etnia) e che includa le persone non-binarie (che stanno attraversando la storia che a noi è toccata all’inizio del percorso femminista) e transgender (che vengono constantemente travisate e usate come pedine nel gioco del patriarcato). Da questa introduzione, vorrei che ci si fermasse a pensare a un diritto fondamentale e basilare: la sicurezza. La storia del “sesso debole” è per alcuni uno strumento istituzionale e sociale. Le donne sono un obiettivo facile per chi crede e usa il patriarcato per compiere la propria missione nel mondo. Mi trovo a leggere (e ad aver affrontato il tema per circostanze personali) di donne sole le cui abitazioni subiscono furti. Mi fermo e penso: l’arma del genere deve essere vista attraverso molteplici strati. Le donne posseggono oggettistica che fa gola ai ladri (piccola, che si può fondere e che può fruttare molti soldi), le donne sole non possono difendersi o non si diferenderebbero, le donne sole sono sole in casa. Leggiamo queste notizie sui giornali locali, più che su quelli nazionali, di sfuggita, forse pensando che fa parte delle esperienze della vita. Ma chi è vittima di questi furti, donne sole (a volte giovani e a volte meno) subiscono l’ennesima violenza. Quella macchia indelebile dell’essere considerate deboli e vulnerabili, che non trova spazio nel discorso istituzionale (è notizia di qualche giorno fa di una camera dei deputati vuota in occasione delle misure di contrasto alla violenza di genere e alla discussione sulla parità), nel discorso sociale e in quello culturale di questo paese. E forse neanche nel discorso delle forze dell’ordine, che seppur non potendo vigilare ogni donna che vive sola, abbandonano l’idea di perseguire alcune circostanze, fino alla prossima donna che subirà un furto e poi l’altra, in un girotondo di scartoffie e raccomandazioni. Ma chi subisce un furto viene chiaramente spiata, scrutinata e forse seguita. Dalla pericolosità percepita in strada a quella percepita dentro casa, la propria casa, solo per l’essere donna. Non c’è posto sicuro per le donne. Lo scrivo non per incuotere timore, ma per rimarcare la diversa esperienza nel mondo. In altri contesti, le donne vengono sbandierate come pedine per simulare un mondo più paritario, in italia e nei suoi territori neanche quello. La politica tace, sempre. Anche quando presenta le donne al potere (poco o nulla) non si gioca le carte parlando di parità, facendo finta che il genere non conti (si veda il caso Raggi). O peggio le usa per far emergere i soliti maschi (si veda il caso Borgonzoni). E la maggior parte non le presenta le donne, le evita. In quei pochi casi ovvero quando una donna acquisisce una carica visibile a quel punto verrà terrorizzata, gli verrà ricordato di non avere capacità maschili (queste sì, innate), gli verrà dimostrato che non hanno diritti sul proprio corpo e che gradi di violenza sono la conseguenza della ribellione dei ruoli. Queste macro aggressioni seguono le micro aggressioni che le donne ricevono ogni giorno: per questo non basterà mai solo lotto marzo.
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