"Non posso continuare. Continuerò". In queste parole di Samuel Becket, riportate in epigrafe, c'è la storia del protagonista di questo romanzo e, in realtà, la storia di ogni vita. "Il Colibrì" di Sandro Veronesi (La Nave di Teseo) è un libro potente, a tratti paralizzante, doloroso, coraggioso. Un libro che parla di dolore, di lutti, di occasioni mancate, di amori non vissuti, di scelte penose, di famiglie sfasciate, di incomprensioni mai chiarite, di fratture insanabili, di parole mai dette, di perdoni non accordati. Nonostante ciò non c'è pietismo, ma tanta ironia. E parla di coraggio, di forza, di resilienza, dell'importanza di avere uno scopo, una missione e di come, incredibilmente, anche in tutto il suo dolore, la vita offra momenti perfetti, pieni, appaganti. "E tutto l'amore che è stato sparso nel mondo, tutto il tempo che è stato sperperato e tutto il dolore che è stato provato: era forza, tutto, era potenza, era destino, e puntava lì". Marco Carrera è il colibrì, perché in quella terribile tempesta che è la sua vita, riesce a restare saldo, a non soccombere, a tener fede a se stesso, a continuare, sempre. Ciò ad un'occhiata superficiale può sembrare immobilità, ma non è così: è muoversi insieme alla vita. "Il fatto è che dietro al movimento è facile capire che c’è un motivo, mentre è più difficile capire che ce n’è uno anche dietro l’immobilità....ci vogliono coraggio ed energia anche per restare fermi". Perché ogni vita è fatta di dolore, perdite, e di qualche momento di felicità. Il segreto è resistere, aggrappandosi ad uno scopo, e concentrarsi su di esso e dare amore, più che pretenderne, e salvare nella memoria le cose belle, i momenti di gioia e di bellezza. Bellissimo il capitolo "gli sguardi sono corpo". La narrazione appare un po' slegata, perché in ogni capitolo c'è un salto temporale, in avanti o indietro, ed ogni tanto c'è una lettera o una telefonata ad interrompere la fluidità del racconto che però, nonostante la frammentarietà, non perde potenza. Il libro è stato proposto al Premio Strega 2020 dall'Accademia degli Scrausi.
"I lupi non uccidono i cervi sfortunati..... Uccidono quelli deboli"
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