Le “marocchinate”, le azioni ignobili di soldati nordafricani che dopo lo sbarco del 1943 portarono violenza non solo alle donne al centro di “La Ciociare di Capizzi”, saggio-ricerca di Marnella Fiume edito da Iacobelli. Una storia quasi dimenticata che a distanza di decenni brucia ancora nei ricordi dei pochi sopravvissuti o di chi ne ha sentito parlare. Una storia che ha interessato non solo la Ciociaria come ci ricorda Moravia, ma anche la Sicilia, in particolare Capizzi, e di quei giorni per troppo tempo non si è voluto parlare. Non solo donne, ma anche giovanissimi ragazzi alle prese con una violenza inaudita e senza senso e sulle quali è scesa una sorta di immunità. E’ il luglio del 1943, Capizzi, provincia di Messina, è un paesino arroccato in montagna, un mondo di pace nonostante la guerra che forse a tanti sembra lontana. E invece arrivano i goumiers che distruggeranno per sempre l’armonia del borgo. Le testimonianze sono vive e sentite, come per Giacomina, ad esempio, ma anche per tante altre persone colpevoli solo di essere donne e per i giovani ragazzi e per quanti subirono anche il dolore delle morti di di padri e mariti uccisi nel tentativo di difenderle. Poi il silenzio, troppa la vergogna e tanta l’umiliazione, come se l’intero paese non volesse più rinvangare un passato orribile fin quando Marinella Fiume ha pensato bene di ripercorrere quella storia e quelle storie nel tentativo di riappropriarsi di un passato triste come sprone per un futuro in cui nulla di simile possa più accadere e per scoprire che tra quelle cui fu negato il futuro, alcune abortirono, altre si tennero i figli delle colpe altrui, altre emigrarono in terre lontane dove poter essere dimenticate, altre ancora “furono tenute” in casa da mariti che avevano optato per una scelta d’amore. Le parole delle donne siciliane ascoltate da Marinella Fiume sono le parole delle donne che hanno sopportato e ancora sopportano umiliazioni cocenti.
|