Ogni giorno ci viene ricordato di essere inferiori o nascoste. Inferiori al plurale con la finale -i perchè epiceno e nascoste al plurale con la -e perchè è un participio passato che si declina al femminile (partendo dalla radice nascost-). Oggi lo fa il professore Fiorito, insegnante (epiceno) di Italiano della provincia del beneventano. E allora, dalle stesse zone di origini rispondo io sia al professore Fiorito che a Ciaraffa, un colonello dell’arma dei carabinieri che ha scritto la prefazione del libro di Fiorito, intitolato Processo al femminile. Lo scrivo anche al giornalista, Donato Tesauro, che sembra concordare con i due. Per leggerlo e per poi leggermi, ecco qui il link: https://www.ilrullo.net/prefetta-o-questora-e-ridicolo-non-egualitario/ Posso fare un processo al maschile? Metto sul banco degli imputati proprio questi tre uomini che, alcuni senza aver studiato a fondo la materia, hanno deciso che le parole al femminile sono da prendere con garbo ed ironia, ma che sono più ridicole che utili. Bello sarebbe se questi tre uomini per un giorno della loro vita (un giorno!) si fossero messi nelle scarpe delle donne (che siano tacchi, sandali, stivali o scarpe da ginnastica) e che avessero, con queste, camminato il difficile percorso. Non sarò certo io a convincerli che le donne trovano molti ostacoli nella loro vita, a partire dalle aspettative che la televisione, la famiglia, e la scuola (chissà se vale anche per le alunne de prof Fiorito?) impone su di loro. Il destino da casalinga e da mamma (ma mamma brava altrimenti non vale!), le molestie sul posto di lavoro e la continua discriminazione (dimissioni in bianco firmate in caso di gravidanza), le molestie per strada (che fastidio quei ciao bella), il femminicidio, i mille ostacoli per arrivare dove gli uomini sono arrivati (il famoso tetto di cristallo), si veda il numero di donne in politica e le battaglie per la preferenza di genere. E vogliamo parlare del nepotismo contro le donne nell’arma? O le domande fatte proprio dall’arma alle donne vittime di violenza sessuale? Pochi uomini se lo stanno chiedendo, ma questi tre non sembra che abbiano intrapreso questa via. Come in tutti i settori, anche sulla lingua molti uomini (sicuramente questi 3) hanno una visione da privilegiati, tanto da dire e dare informazioni non corrette sulla lingua italiana: ad esempio, non si dice giudichessa, ma la giudice, non si dice muratora, ma muratrice. Mi chiedo di quale italiano stiano parlando, e soprattutto del perchè ne stiano parlando. L’avversione al politicamente corretto altro non è che la paura della mascolinità (e del suo desiderio) di dover rinunciare ai privilegi che hanno sempre accompagnato il percorso degli uomini. Avendo dovuto faticare almeno 1/3 di tutte le donne del passato e del presente, si appellano e si appellerebbero a tutto pur di mantenere la posizione superiore (che gli è stata regalata da secoli). Il giornalista tende a dire che dobbiamo credere a Fiorito perchè “essendo egli un docente di lettere classiche...”. Questa è un’arroganza tipica dell’uomo (e delle piccole province) e la solidarietà, quella maschile, si adopera affinchè uno si batta per tutti. Con questa arroganza, alle donne viene spesso detto che ci sono cose più importanti di un ministra, di un prefetta, di un avvocata. Ci viene detto che la parità passa per altre cose. Le chiamano così: altre cose. Non mi è mai capitato di sentire una discussione seria di quello che queste persone ritengano siano le “altre cose”. Mi sembra che il tasso di occupazione femminile, il femminicidio e il sessismo quotidiano non siano le altre cose ma facciano parte di un sistema patriarcale. Lo stesso sistema patriarcale che si trova in coloro che deridono (però con ironia, eh!) il femminile. Il femminile esiste (da sempre, il professore questo dovrebbe saperlo), il femminile è il modo col quale da un po’ di tempo sempre più donne dicono “ci siamo”, “eccoci”, “ce l’ho fatta”. E invece, a certe persone questo non va proprio bene, non vogliono sentirlo. Scrivono libri(cini) per convincerci che non ce la faremo mai, che il posto da capitano, ministro, avvocato, il giudice è il loro. Su una cosa il prof Fiorito ha ragione. Il femminile non è sempre usato in maniera simmetrica, a volte avvocata (non avvocatessa) viene usato come termine disuguale dal maschile, ma non è nella lingua il problema. Il problema è chi questa lingua la usa, la maltratta (spesso e volentieri) e chi, usandola così dimostra da che parte sta, ovvero quella del patriarcato. Ma quale garbo (come dice il colonello dei carabinieri)! questo libricino non ha niente di garbato, è una guerra aperta verso un modo più paritario di vedere il mondo, eppure il giornale su cui appare questa recensione/pubblicità vuole spianare “la strada a nuovi ideali”. Ma quali nuovi ideali se si ritorna sempre alle solite questioni, alle guerre di potere interno del patriarcato, dove gli uomini si arrampicano sugli specchi per paura di perdere la loro battaglia con la mascolinità. Farebbe bene anche a loro iniziare a dire ministra, prefetta, questora, sindaca. Quella “a” potrebbe davvero regalargli la via per la loro libertà, la libertà da schemi pre-impostati in cui l’uomo deve mostrare di essere forte e battagliero (in questo caso guerrafondaio). Siate liberi, questo vi auguro. E ora su, chiedetevi quante volte nel leggere questo mio scritto avete pensato “che femminista acida”. Lo sono e lo sarò (mi dispiace per voi) ma sono anche una professoressa universitaria che da anni seriamente affronta il discorso della lingua di genere, con pubblicazioni internazionali e un libro (non libricino) sul tema, con studi linguistici basati su articoli di giornali, interventi nel parlamento e molto altro. Certo, preferite dire che sarò una femminista acida. Comprensibile, siete soldati del patriarcato. Con garbo ed ironia, Dottoressa Federica Formato
https://research.brighton.ac.uk/en/persons/federica-formato
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