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lun 23-11-2020 n.13251, Elide Apice

“Borgo Sud” di Donatella Di Pietrantonio

Per la rubrica letto per voi

Due sorelle diverse tra loro come diversi sono i luoghi che abitano, Grenoble e l’ambiente universitario per l’una, per l’altra BORGO Sud, il borgo dei pescatori della periferia di Pescara.
Per la prima, una tranquilla vita matrimoniale con Piero, per la seconda l’amore burrascoso per Rafael.
Intorno storia di contrasti, di lotta, di rabbie sopite, di tormenti, di sensi di colpa, di scoperte che fanno di Borgo Sud (Einaudi) di Donatella Di Pietrantonio, una narrazione da seguire con passione.
Continuazione di L’arminuta, Borgo sud è un continuo scambio temporale tra un passato che non si può dimenticare e che parte dalla festa di Laurea di Piero (e da quel piccolo incidente che macchia indelebilmente di rosso sangue un abito chiaro, conservato per gli anni a seguire come simulacro di una gioventù in divenire) e un presente burrascoso che viene a minare le poche certezze faticosamente conquistate.
L’arrivo trafelato di Adriana con un bambino, Vincenzo, stesso nome di quello zio morto troppo giovane, approda come una bufera nella vita della sorella che finirà per assecondarne i desideri, nonostante la sua vita scapestrata, nonostante le minacce ricevute, nonostante il rapporto inesistente non solo con lei, ma anche con i genitori ormai tanto anziani.
Sono i tentativi di ricucire storie interrotte, di dire parole mai dette che tengono unite le due sorelle circondate comunque da tanta solitudine.
E sole resteranno, una alle prese con la storia finita ma ancora dolorosa con Rafael e l’altra con l’amara, tragica scoperta dei tradimenti di Piero e il conseguente rientro solitario a Grenoble.
E’ qui che arriverà quella telefonata che la farà rientrare in Italia per stare accanto ad Adriana che lentamente si riprenderà da un brutto incidente(?) domestico sul quale si stagliano infiniti dubbi.
Il romanzo è racconto di intimità e di speranze disilluse, è dolore denso che si dipana attraverso le pagine e sembra non dare tregua né speranza, si scontra con le ipocrisie della gente del borgo con una descrizione precisa dei personaggi e della loro anima, con una scrittura potente che arriva all’anima di chi legge.
Centosessanta pagine che parlano di limiti e di dolori, che riportano a Evuccia la madre, sei figli e una, la protagonista, affidata a una cugina in città, al padre burbero e chiuso in se stesso. alla famiglia di Piero benestante e decisamente diversa da quella della moglie, al fratello Vincenzo che drammaticamente perde sua vita, all’umanità degli abitanti del borgo che sono anche capaci di trincerarsi dietro i “non ho visto, non so”.
Su tutto una maledizione pronunciata in un momento di rabbia, alla quale probabilmente nessuno crede, ma che nessuno riesce a togliere.
Un libro davvero consigliato!


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