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Attualmente in Palestina/Israele la situazione e’ incandescente. Nelle ultime due settimane, i giovani palestinesi di Gerusalemme sono insorti dinanzi all’ennesimo esprorio di case palestinesi da parte del governo Israeliano, nel quartiere arabo di gerusalemme Sheikh Jarrah, per fare posto a coloni ebrei (ebrei che da tutto il mondo si trasferiscono nella Palestina che Israele occupa militarmente, per occuparla credendo di ottemperare ad un dovere biblico, sic!) Molti parlano di ‘terza intifada’ (resistenza popolare), ‘intifada pacifica’, perche’ i giovani protestano inermi, spesso sotto la carica della polizia israeliana ce tenta di disperderli, a cavallo e o in assetto militar. Durante gli ultimi giorni di Ramadan, la settimana scorsa, Israele ha aggredito brutalmente i fedeli Palestinesi riuniti in preghiera nella moschea di Al Aqsa, ferendo oltre 300 persone. Da Gaza Hamas ha chiesto ad Israele di cessare le violenze contro i palestinesi, ma gli arresti, le percosse, le violenze, a danno di numeri sempre piu’ alti di Palestinesi che si univano alle proteste ad ogni dove, a Gerusalemme, in Cisgiordania, e per la prima colta in numeri massicci anche in israele (dove gli Arabi costituiscono il 20% della popolazione), sono continuati. Hamas ha lanciato razzi su Israele e gerusalemme, e israele ha reagito scatenando la sua forza militare su Gaza. Ad oggi, 500 a Gaza sono stati uccisi durante i bmbardamenti, e la popolazione e’ allo stremo. La palestina e’ territorio occupato, nei confronti del quale Israele ha obblighi di protezione. Non puo’ agire come se fosse un territorio nemico. Cio’ che Israele fa e’ contro il diritto internazionale e sono in molti oggi (incluso organizzazioni israeliane come la molto nota B’Tselem e il gruppo internazionale Human Rights watch a denunciare il sistema Israeliano come Apartheid). In Italia si fa ancora fatica a capire cosa stia accadendo, ad interpretare il malessere in Palestina occupata e Israele, si fa fatica a criticare Israele e a riconoscere che quello che Israele fa e’ indifendibile: e’ Apartheid. Il diritto internazionale obliga tutti noi, dai governi alla societa’ civile a fare in modo che questo regime venga debellato, e che tanto Israeliani quanto Palestinesi abbiano la possibilita’ di vivere in pac, sicurezza e dignita’ . Il 15 maggio di ogni anno i Palestinesi commemorano la Nakba, che ricorda il giorno in cui nel 1948, alla costituzione dello stato di Israele in quella che fino ad allora era stata la Palestina, i Palestinesi persero per sempre le loro case, la loro patria, divenendo una nazione in esilio. Oggi i giovani Palestinesi, da Jaffa a Gerico, da Nazareth al Negev, da Nablus a Ramallah ci ricrdano che per loro la nakba non e’ mai finita, e fin quando l'Apartheid e l'occupazione israeliana non saranno terminate, la Nakba continuerà e, a loro volta, i palestinesi persevereranno, manterranno la loro legittima resistenza e le loro richieste di giustizia, sollecitando la nostra solidarietà e il nostro sostegno. Quello che accade in Palestina/Israele in questi giorni non dovrebbe soprendere. Il problema nasce quando nel 1947 le Nazioni Unite (Risoluzione 181), sotto pressione delle potenze europee a seguito dell’Olocausto appena consumatosi, sostennero il progetto del Sionismo europeo che dalla fine ‘800 incoraggiava la migrazione ebraica in terra di Palestina, da semre abitata da arabi, a maggioranza musulmana (70%) e minoranza cristiana (20%) ed ebraica (10%), a creare uno Stato ebraico in Palestina. Alla costituzione dello Stato di Israele in oltre meta’ della Palestina storica (benche’ detenessero il controllo sul sol o6% della erra), due terzi della popolazione non ebrea furono scacciati dalle loro case e mai fatti ritornare. Milioni di loro costituiscono la diaspora palestinese nel mondo, milioni dei quali restano apolidi. Nel 1967, israele occupo’ anche il resto della palestina storica: Cisgiordania, Striscia di Gaza e Gerusalemme. Su questi territori ha sempre regnato la legge marziale, imposta con brutalita’. 250,000 Palestinesi sono stati costretti a lasciare i territori occupati dal 1967 ad oggi. Negli ultimi anni, soprattutto nel solco tracciato dagli Accordi di Oslo (1993/95) che avrebbe dovuto portare alla definitiva costituzione dello Stato palestinese in Cisgiordania e Gaza, questi territori hanno fatto oggetto di ulteriore frammentazione e violenza, senza che l’occupazione militare israeliana di quel territorio cessasse. In Cisgiordania, Israele controlla, attraverso l'esercito e i suoi coloni, il 60 per cento della terra palesinese, imponendo misure draconiane ai suoi abitanti, costantemente vittime di abusi e violenza tanto da parte dei coloni (che illegalmente continuano a trasferirvisi) col benestare dell'esercito. Gerusalemme e' ormai separata da resto della Cisgiordania dal 2004, grazie al muro che israele ha costruito all'interno del territorio palestinese, separando bacini acquiferi e terre fertili dai legittimi proprietari e, fatalmente, Gerusalemme, che e' la sede delle tre religioni monoteiste e quindi, destinata ad essere aperta a tutti secondo il diritto internazionale. Occupata anch'essa dal 1967, assieme al resto della Palestina, viene considerata dagli Israeliani 'capitale' dello stato di Israele (per la comunita' internazionale, tranne alcuni come gli stati uniti al tempo di Trump, la capitale e' tel Aviv). Gaza e' sotto assedio israeliano dal 2007: Israele controlla spazio aereo, via mare e terra e dal 2009 ad oggi e' stata teatro di 4 guerre distruttive (2009, 2012, 2014 e una attualmente in corso) che hanno portato il numero dei morti sotto i bombardamenti a oltre 4000, di cui un gran numero di bambini, assieme ad intere famiglie. La popolazione e’ allo stremo, ormai senza acqua potabile (95% e’ imbevibile secondo il WHO), elettricita’ (per 4 ore al giorno max) e col 45% della disoccupazione. Pescatori e agricoltori sono spesso vittime del fuoco israeliano. In Israele, la minoranza palestinese che riusci’ a non essere sfollata dalla madrepatria nel 1948, non e’ stata mai completamente integrata. Nel 1948 molti di coloro che rimasero in quella che era stata fino ad allora la Palestina, furono costretti a lasciare le proprie case, per ritrovarsi ricollocati in riserve militarizzate. Erano considerati nemici del neocosttuitosi Stato di Israele. Solo alla fine degli anni Sessanta ricevettero la cittadinanza israeliana. Eppure sono discriminati nella suddivisione in zone e nella pianificazione del territorio e nei servizi, e vivono in aree sovrappopolate e meno sviluppate. Inoltre, poiché non sono obbligati a prestare servizio nell'esercito israeliano (la cui occupazione principale è quella di operare nella Cisgiordania occupata e Gaza), soffrono molte limitazioni nello sviluppo della carriera, nelle opportunità di istruzione, ecc. In Israele devi aver servito nell'esercito per progredire professionalmente. Nel 2018 la Knesset (Parlamento israeliano) ha promulgato ‘la legge sulla nazionalità’ che istituzionalizza la superiorità dei cittadini ebrei su chiunque altro. La discriminazione che da sempre esiste nei confronti dei Palestinesi cittadini di Israele, adesso e’ piu’ istituzionalizzata e pericolosa. Riceviamo da Francesca Albanese e pubblichiamo
Francesca Albanese è ex Funzionario Nazione Unite (Alto Commissariato per i Diritti dell'Uomo e Agenzia per i Rifugiati Palestinesi), e Coordinatrice del programma Question of Palestine presso l'organizzazione araba ARDD
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