Ha la capacità di ammaliare con le parole, la sua forza affabulatrice conquista i tanti presenti all’Arco del Sacramento che gli perdonano il considerevole ritardo. E’ Pupi Avati, ieri a Benevento per la quinta edizione del BCT, e quando c’è lui tutto il resto è nulla. A lui il premio BCT per la carriera consegnato dal direttore artistico Antonio Frascadore. Poi l’intervista garbata, divertente, profonda da parte di Sonia Serafini, anche se il Maestro ha proseguito a ruota libera, raccontando e raccontandosi, dalle difficoltà degli esordi ai rapporti iniziati quasi per caso con Mariangela Melato, Stefano Accorsi, Ugo Tognazzi, Paolo Villaggio, Lucio Dalla, per ognuno di loro un aneddoto, un ricordo tra il serio e il faceto, una visibile commozione. La stessa commozione nell’affermare di essere ormai nel “terzo quadrante della vita, quello in cui si è anziani e si diventa un po’ bambini”, per poi affermare la consapevolezza di avere meno anni da vivere da quanti già vissuti, “ma se il corpo comincia a cedere, la vivacità intellettuale, quella è ancora vivida”. Ha raccontato delle difficoltà di oggi di trasmettere saperi antichi ai giovani, ma anche meno giovani che hanno perso la memoria di personaggi come Vittorio Gassman e ricorda solo Christian. Un fiume in piena di emozioni, lo scopriamo facile alla commozione, pronto a mettersi in gioco ancor una volta con un film su Dante. L’intervista, quasi un suo monologo, è continuato anche oltre il tempo canonico e il pubblico lo avrebbe ascoltato ancora per ore. Decisamente una serata proficua dal punto di vista della cultura cinematografica con il testimone probabilmente più importante di una stagione d’oro per il cinema italiano. Lo avevamo intervistato in un incontro con l’autore qualche giorno fa, ha confermato ieri il suo carisma e chissà se oltre i suoi film, ben 53 compreso quello su Dante di cui proprio domani inizierà le riprese, non possa regalarci ancora un libro, magari le memorie di un genio del cinema, Pupi Avati.
|