Di ricordi e di crescita, di presenze e di assenze, di noia che toglie il fiato e di fughe, questo e tanto di più in “Niente di vero” (Einaudi)di Veronica Raimo, feroce e al contempo divertente romanzo di formazione. Al centro la vita della protagonista narrata nei minimi particolari, da quell’’infanzia iperprotetta da una mamma ansiosa e da un papà igienista pronto a disinfettare tutto con scottex e alcool, alle prese con una nonna che amava poco, con zie pronte a giudicare e a condannare e con un nonno meraviglioso. Raimo racconta di scuola, di compagni e compagne, di amicizie e amori finiti così come sono nati ed è un mettere a nudo la propria anima confessando anche le varie tappe di una crescita erotico/sentimentale. Una ragazza come tante, una famiglia come tante che nella splendida e apparentemente leggera narrazione diventa “la famiglia”, quella capace di condizionare tutta la vita, di dare insegnamenti assoluti fino a quando, già adulta, quelle certezze diventeranno espressione dell’ipocondria pericolosa dei genitori. Madre e padre che non si compensano, troppo rigido lui a ergere muri (e non solo metaforicamente) in casa, troppo delusa dalla vita lei, col pensiero costante ai “figli che non ci sono perché non sono arrivati”, perennemente depressa e in ascolto di Radio Tre. E quanto somigliano a queste vite le vite di tanti, in bilico tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere e quanto somigliano a mamma Francesca, le mamme di tanti, pronte a entrare nelle vite dei figli di cui non si rassegnano a tagliare un cordone ombelicale lungo una intera esistenza.
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