Ci sono domande alle quali l’uomo non riesce a dare risposte e sono le stesse domande che Sem, figlio di Noè rivolge a Dio in conclusione del monologo, “Il vino e suo figlio”, che Enrico Bonavera ha portato in scena ieri, al Mulino Pacifico per la serata conclusiva della rassegna Obiettivo T “Perchè la vita? Perché la morte? Perché quel Dio che tanto ci ama permette il dolore? Perché? Perché?” , ma se alle domande non si trova risposta si può essere certi che dal vino e dalla sua invenzione si è rigenerato il genere umano annientato dal Diluvio universale. Solo Noè e i rappresentanti degli animali del mondo si salvarono per decisione divina (perchè proprio loro?), perché ripopolassero nel giusto il nuovo mondo. Così Bonavera racconta ai tanti presenti in sala, in un doppio piano narrativo, il primo che narra del rapporto di amicizia tra Noè e Jhavè e di come questi lo metta al corrente (aveva già 400 anni e non aveva avuto figli) di un elisir tanto potente quanto magico capace di dare ebbrezza e felicità a chi lo beveva; dall’altro la storia di Enrico Bonavera, figlio di un alpino dedito anche al buon vino, ma inesorabilmente astemio fino ai suoi 28 anni, quando il caso e il senso di opportunità lo misero in contatto con la sua prima “ombra” facendolo irrimediabilmente entrare nel mondo degli estimatori del vino. E alla sua maniera, Bonavera, ha raccontato mirabilmente una storia che ci rappresenta tutti senza risparmiarsi in scena come se il tempo per lui non fosse mai passato e deliziando il pubblico che lo ha omaggiato con un lungo sentito, caloroso applauso. Termina così la rassegna Obiettivo T e intanto che proseguono gli incontri con la rassegna di stand up comedy si è già in attesa di “Racconti per ricominciare la rassegna estiva pensata da Vesuvio Teatro.
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