A volte si ha il bisogno di partecipare a un concerto di altissimo livello e così è stato per “ Il Magreb incontra i Balcani”, ieri all’Auditorium Sant’Agostino per i concerti proposti dall’Accademia di Santa Sofia in sinergia con l’Università degli Studi del Sannio, sotto la direzione artistica di Marcella Parziale e Filippo Zigante, con i consulenti scientifici Massimo Squillante, Marcello Rotili e Aglaia McClintock. Naturalmente trascinante l’incontro con Moni Ovadia e l’ensemble Rom Arab Beat in un crescendo di coinvolgimento tra musiche arabe e orientali comuni a tutton il bacino del Mediterraneo. Il settimo appuntamento della Stagione Concertistica 2022, è coinciso anche con la raccolta di fondi partita dallo scorso concerto, quello di Uto Ughi, che ha permesso di ottenere una somma di 4.450 €, che verrà devoluta alle esigenze didattiche dei ragazzi e delle ragazze di Santa Maria degli Angeli. La somma è stata simbolicamente consegnata da Salvatore Palladino e dal Rettore di Unisannio, Gerardo Canfora, al responsabile Comunità Sant’Egidio per Benevento, Celestino De Marco, con un grande assegno fac simile. Emozionati i saluti iniziali di Marcella Parziale e Maria Buonaguro, presidente Amici dell’Accademia e davvero interessante la prolusione Emiliano Brancaccio che per Ovadia nutre una sincera stima ricambiata in “Arte della scienza: omaggio a Moni Ovadia”, dove ha preso le mosse da profonde riflessioni di Ovadia sugli uomini e sui mali della modernità per analizzare la natura della guerra moderna Musica klezmer, melodie e ritmi mediterranei, sapori balcanici, greci e del Maghreb, questo il concerto che ha coinvolto non solo emotivamente ma anche fisicamente il pubblico invitato più volte ad accompagnare col battito delle mani i ritmi delle musiche che uniscono popoli vicini, ma spesso lontani per bieche questioni nazionalistiche e poi letture toccanti e da storielle yiddish, esilaranti, argute e sagaci da alcuni passi tratti da Il ponte sulla Drina, dai Racconti di Bosnia di Ivo Andrić, scrittore jugoslavo, Premio Nobel per la letteratura nel 1961. Poi Il barcaiolo, in greco, con Ovadia ispirato e coinvolgente; Scetate, celeberrima canzone napoletana del 1887, cantata in arabo dal bravo Ziad Trabelsi; la danza klezmer per le nozze d’argento, Koilen, da cui dopo mille peripezie creative e viaggi intercontinentali, nasce Bella Ciao, e il pubblico si esalta; la canzone Who’s this song, cantata da un Ovadia poliglotta, in tante lingue diverse, Turco, Greco, Macedone, Albanese, Bosniaco, Serbo e Bulgaro, tutti i protagonisti la vogliono inutilmente rivendicare come propria senza accorgersi che invece li rappresenta nei loro comuni caratteri, pregi, difetti, usi e costumi; arriva una canzone d’amore e passione per i begl’occhi bistrati di una bellezza mediterranea che fa impazzire gli uomini; di nuovo un canto arabo e poi uno in ebraico sefardita con le mille inflessioni da tutta Europa; e infine il canto della taverna dove un marito vuole dimenticare la lite con la moglie bevendo e facendo bisboccia allegramente, danzando un magico sirtaki. L’ovazione finale, fragorosa come gli applausi per tutto il concerto, riscalda l’auditorium che ottiene un bis trascinante con la band (i bravissimi Paolo Rocca, Ziad Trabelsi, Primiano Di Biase, Simone Talone, Fiore Benigni) che sceglie un pezzo del suo repertorio ancora tra il Maghreb e i Balcani. Torna Ovadia con l’ultima barzelletta yiddish. Il pubblico in piedi ringrazia con calore per la grandissima indimenticabile serata. Ovadia è un fiume in piena anche fuori dal palco, con il pubblico, con amici, sconosciuti e fan, disponibile, garbato e amabile con tutti, condivide aneddoti personali straordinari, e perle di saggezza, cultura, umanità, coraggiosa coerenza e onestà intellettuale.
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