C’è tenerezza, amore, sgomento, dolore, rabbia in “Quel maledetto Vronskij” (Rizzoli) di Claudio Piersanti e c’è anche gelosia per quel Vronskij che Giovanni, tipografo disilluso dalla vita, trova in quel libro tra le cose di sua moglie che non è più tornata a casa e si convince di un tradimento. Non ha la forza, però, (o ne ha troppa) di cercarla e allora, l’aspetta pensando di prepararle un bel regalo, personale e che duri in eterno per quando lei ritornerà perché di questo è certo, Giulia Tornerà a casa e lì troverà una copia di Anna Karenina pubblicata solo per lei. La sua vita si snoda, quindi, in un senso di sospensione e di attesa e a nulla valgono gli inviti degli amici e nemmeno quell’abbozzo mal riuscito di approccio con una lei che non è la sua Giulia. Ha il dono della pazienza, Giovanni, che non si è mai piaciuto e che riesce a sfoderare sempre e in ogni caso un magnifico sorriso che sa di pace e di quiete. Un libro di assenza che è presenza e di presenza che diventerà amorevole dolore o doloroso amore fino a quegli incubi forieri di sofferenza e a quel Vronskij, metafora del male, che ogni tanto si farà spazio nella sua mente. Una narrazione struggente, intimista, mai superficiale, carica di tenerezza e di amore che procede per frasi brevi e incisive e scava nell’animo dell’umanità.
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