Nel 1922 a Bologna nasceva Pier Paolo Pasolini.
Ammetto di conoscere poco, o quasi nulla dello scrittore, giornalista, poeta, regista, sceneggiatore drammaturgo, intellettuale in un’Italia “figlia di Don Abbondio. Paurosa, anzi vigliacca” (cit. Giorgio Steimez “La Macchinazione”).
La produzione intellettuale di Pierpaolo Pasolini, declinata in articoli di giornale (scriveva per Il Corriere della Sera), libri e saggi, documentari e film, è destinata a coloro che possiedono gli strumenti culturali indispensabili per decodificare il suo pensiero profondamente complesso.
Osservatore di un contesto sociale alla deriva, Pasolini ricerca le cause nel fallimento delle ideologie, nella corruzione del sistema politico, nelle ingerenze del sistema economico, nella televisione come mezzo di indottrinamento alla mediocrità e depauperamento culturale, nel consumismo destinato a far desiderare a chiunque di possedere beni, oggetti, ricchezze ed inesorabilmente appiattire le coscienze sociali con il rischio di unificare le identità verso la massificazione della imminente globalizzazione.
In sintesi, questo è quello che ho capito ma probabilmente ho banalizzato perché, come sovente e di recente accaduto nei vari confronti tra amiche ed amici, non ho difficoltà ad ammettere di non possedere la preparazione necessaria per approcciarmi alle opere di Pasolini.
Confesso anche, consapevole del fatto che ciò mina fortemente la mia passione per il cinema, di non essere riuscita a vedere fino alla fine nessuno dei suoi film. Tuttavia, è stato sempre il cinema a venirmi incontro, ad avvicinarmi alla persona più che al personaggio, ad offrirmi l’opportunità di comprendere, o quanto meno di provare a capire, la sua grandezza, il senso incommensurabile della sua eredità. L’aspetto più che altro pruriginoso e spesso sottolineato della sua omosessualità, in verità è quello che meno mi interessa.
Ricordo Luigi Lo Cascio ne I 100 Passi, recluso nel garage, recitare “Supplica a mia Madre”. La Meglio Gioventù di Marco Tullio Giordana, noto film prima proiettato nelle sale in due parti, poi mandata in onda sulla RAI in sei puntate, mutua il titolo da una della più conosciute raccolte di poesie di Paolini.
In questo mio personale percorso di conoscenza sul Poeta, ho potuto far riferimento a tre film: Pasolini di Abel Ferrara che avevo visto appena uscito nelle sale e rivisto la scorsa settimana su Amazon Prime, La Macchinazione di David Grieco del 2016, fortemente consigliatomi dall’amico Emanuele Troisi, Pasolini, un delitto italiano di Marco Tullio Giordana, trovato per caso nel corso delle mie ricerche in internet sui film dedicati a Lui dedicati.
Tre film, tre racconti diversi dello stesso evento, tre punti di vista che focalizzano il medesimo fatto sotto prospettive differenti. Tre capitoli dello stesso libro. Una trilogia utilissima per capire chi era Pierpaolo Pasolini, il processo Pelosi, la fondatezza delle teorie complottiste.
Nel 1995, Marco Tullio Giordana firma il soggetto, la sceneggiatura e la regia di Pasolini, un delitto italiano. Il Morandini lo definisce un docudramma; si tratta, infatti, del primo film che indaga su una pista alternativa al delitto omosessuale, ovvero quella del delitto su commissione. Il lungometraggio è il pregevole risultato di un montaggio che intreccia scene girate sul set con immagini di repertorio. La recensione del Il Morandini precisa che gli sceneggiatori, Stefano Rulli e Sandro Petraglia insieme a Giordana, non avevano la presunzione di raccontare la verità, ma di provare ad approfondire una versione oggettivamente scomoda rimossa dall’opinione pubblica. Il film completo, reperibile gratuitamente su YouTube https://www.youtube.com/watch?v=GrMzxXnfzxw, ricostruisce il processo a Pino Pelosi, condannato il 26 aprile 1976, a 9 anni di reclusione per omicidio volontario “in concorso con ignoti”. La sentenza, ancor prima che venisse depositata al fine di conoscere le motivazioni, viene impugnata dalla Procura Generale, evidentemente con l’intenzione di eliminare il capo d’accusa che la parte civile era riuscita a dimostrare: Pelosi non aveva agito da solo. Nessun attore interpreta Pierpaolo Pasolini, per lo più nel film compare solo nelle immagini di repertorio, nelle foto di lui cadavere, ed in quelle presentante dal medico legale di parte civile al processo. E’ l’unico dei tre film che fa riferimento ad un articolo di Oriana Fallaci dal titolo “Pasolini è stato ucciso da due motociclisti?”, insinuando così il sospetto che dietro la morte dell’amico si celi tutt’altro che un omicidio a sfondo sessuale. Nella parte relativa all’aggressione ed all’omicidio nella penombra si intravede un corpo muscolo reagire e trascinarsi nel fango. Per poi stupirsi che a distanza di 20 anni, nel 2016 Massimo Ranieri indosserà la stessa camicia. A dimostrazione che per la realizzazione di un film “verità” il lavoro di scenografi e costumisti è fondamentale.
Pasolini di Abel Ferrara, presentato alla 71esima edizione del Festival del Cinema di Venezia descrive Pasolini uomo colto, impegnato, con tono sempre pacato manifesta il suo pensiero attraverso un eloquio raffinato e forbito. Racconta il Pasolini di Phorno-Teo-Kolossal, di Petrolio, dell’intervista in Francia sul film Salò-le 120 giornate di Sodoma. William Dafoe, affiancato da un cast tutto italiano, rivive le tappe di quel 2 novembre, vittima non solo del giovanissimo Pino Pelosi ma anche di un commando di giovinastri di borgata irritati dalla coppietta omosessuale. Abel Ferrara realizza un film nel film, scorrono le immagini del progetto cinematografico per il quale Pasolini propose ad Eduardo De Filippo il ruolo del Re Magio Epifanio. Una dimensione onirica caratterizza l’opera del regista statunitense, dove l’abilità del montaggio conferisce una perfetta omogeneità tra le scene riferite al protagonista di Petrolio, quelle dell’incompiuta sceneggiatura e quelle che raccontano il suo ultimo giorno di vita. Il film è attualmente disponibile su Amazon Prime.
La Macchinazione di David Grieco, autore dell’omonimo libro La macchinazione: Pasolini. La verità sulla morte è arrivato nelle sale nel 2016, per stessa ammissione del regista, grazie al coraggio di una piccola casa di produzione con la distribuzione di sole 120 copie. La cassa di risonanza che avrebbe provocato la partecipazione ai vari Festival dedicati al cinema non c’è stata perché l’idea di Grieco era che prima “deflagrasse” in Italia. Volutamente, infatti, lo si definisce cinema d’inchiesta, riprendendo un filone evidentemente abbandonato da qualche tempo dalla cinematografia italiana. Un film corale con tantissimi attori esordienti, le loro autentiche interpretazioni hanno rappresentato gli effetti speciali del film. Il punto di vista, dunque, è la ricerca della verità. A differenza dei precedenti, dove Giordana si concentra esclusivamente su Pelosi, Ferrara sulla provocazione intellettuale e culturale che Pasolini lancia alla “situazione” con i suoi articoli, libri, saggi e film, ne La Macchinazione il Pasolini con il volto di Massimo Ranieri, fa riferimenti espliciti a quelli che potrebbero essere gli autori e le motivazioni dell’omicidio, macchinato da più parti in causa, dai colletti bianchi che utilizzano le menti criminali mafiose attraverso la manovalanza dei ragazzi di periferia. Descrive con dovizia di particolari la pianificazione dell’omicidio: le spie dei servizi segreti, le parti di Petrolio prese a piè pari dalle fotocopie in possesso di Pasolini e mai ritrovate del libro Questo e Cefis, il furto delle copie di Salò- le 120 giornate di Sodoma, il copione fatto recitare a Pelosi, il coinvolgimento dei ragazzotti che vivono di espedienti e trascorrono il tempo a giocare a biliardo nel bar della borgata, il politico che incontra il capo della banda della Magliana. Geniale poi l’intuizione di Gianni, spacciatore di zona e uomo di Enrico De Pedis, sia un incallito fan di Gian Maria Volontè e conosca a memoria le battute di Indagini su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Senza uso di immagini di repertorio, Grieco è riuscito a restituire al pubblico lo scenario dell’epoca, grazie anche ai passaggi dal colore al bianco e nero dello studio di Pasolini. Il regista avvalora l’idea che un ragazzino da solo difficilmente avrebbe potuto mettere al tappeto il Poeta, che robusto e sportivo reagisce colpendo duramente i suoi aggressori, si difende e resiste trascinandosi per 70 metri a distanza dalla sua auto che provocherà poi lo scoppio del cuore quando qualcuno lo investirà più volte. Il film termina con una scena molto evocativa, per poi leggere prima dello scorrere dei titoli di coda, del ritrovamento di altri 5 DNA ignoti. La speranza, parola che non piaceva a Paolini, allora l’auspicio di David Grieco è che il film possa contribuire all’impegno dell’avvocato Stefano Maccioli e della criminologa Simona Ruffini, sono riusciti a far riaprire le indagini dopo aver dimostrato l’esistenza di altri DNA, ma subito è calato il sipario. L’auspicio è che una Commissione Parlamentare possa stabilire di indagare di nuovo, dopo tre gradi di giudizio, sul caso Pasolini. Accanto a Massimo Ranieri, nel ruolo di Antonio Pinna, il nostro Libero De Rienzo, bravissimo come sempre e nei nostri ricordi per sempre.
Ancora una volta il cinema è stato il mio Grande Maestro.
|