Ha talento Ilaria Parlanti, ne ha tanto e lo dimostra nei suoi scritti che scavano l’anima. E’ nata nel 1997 a Pescia, in Toscana, ma la vita le fa incontrare presto ip rimi ostacoli, lasindrome di Jarcho Levin che può essere curata solo a Parigi e così la sua vita si divide tra Toscana e Francia in un doloroso percorso di operazioni e speranze. Si appassiona alla Letteratura, i romanzi, le poesie diventano il suo pane quotidiano. E inizia a partecipare a ogni concorso letterario venendo menzionata in ben trecento segnalazioni e entrando sempre più nel mondo delle narrazioni. Nel 2016 si diploma con lode al liceo classico, mentre la ricerca di una sperimentazione letteraria più ampia la porta ad appassionarsi al cinema ed al teatro. Partecipa, infatti, come sceneggiatrice alle rappresentazioni teatrali organizzate dalla scuola. Nel 2017 viene selezionata tra i 150 autori che parteciperanno nell’Enciclopedia della Poesia contemporanea ad opera della Fondazione Mario Luzi nell’ambito dell’omonimo concorso. Nel 2019 partecipa come coautrice ed attrice al cortometraggio “Come un uragano senza identità” della regista toscana Roberta Mucci. Scrive soggetto e sceneggiatura anche di un altro cortometraggio, dal titolo “Circling paths”, una produzione di FilmIn’Tuscany, premiato in festival internazionali, da Los Angeles all’Ucraina. Nel maggio 2020 scrive il monologo “Invisibili” (recitato da Ivo Romagnoli) contro la violenza sulle donne durante la quarantena. In pochi giorni varie riviste parlano del monologo che raggiunge più di 300.000 visualizzazioni su Youtube. Nel 2021 entra a far parte come copywriter del sito di intrattenimento Tuttotek. Fin qui una biografia che ha già dell’eccezionale cui si aggiunge la sua prima opera letteraria, “La verità delle cose negate”, incentrata sulla tematica della disabilità, per dare spazio e respiro a un argomento ancora troppo poco discusso e rappresentato. Il romanzo ha ricevuto numerose critiche positive da varie bookblogger sui social e dalla stampa permettendo all’autrice di partecipare anche al programma di Rai2 “O anche no” per parlare con Paola Severini Melograni del tema dell’inclusione, della disabilità, del dolore cronico a cui è sottoposta. Di questi argomenti e di libri parla sui social, soprattutto su Instagram dove ha un seguito di più di 5000 followers. Ed è di quest’anno la partecipazione al Salone Internazionale del Libro di Torino come autrice. Questa la sinossi di una narrazione che appare intensa e carica di motivazioni: Isabella, giovane e stimato medico vertebrale, ha sempre percepito la sua vita come squarciata a metà: i giorni a Parigi all’ospedale Saint Victor de Paul, e ciò che rimane. Sono trascorsi più di dieci anni da quando ha deciso di andarsene via dalla Francia e di partire per gli Stati Uniti, in particolare Boston, dove ha iniziato la sua carriera come chirurgo ortopedico infantile. Il suo passato la tormenta ogni giorno e detta tutte le sue scelte, prima fra tutte quella di diventare medico. Un pomeriggio Isabella viene a conoscenza di ciò che è accaduto: il Saint Victor è stato chiuso e non esiste più. A quel punto avverte l’esigenza di comprare un quaderno e, in un modo frenetico e convulso, inizia a ricordare ogni dettaglio del luogo che ha da sempre segnato la sua vita. In un lungo addio all’ospedale, ogni episodio emerge alla luce e Isabella intraprende un percorso tortuoso all’interno della propria mente, per perdonare e perdonarsi, per abbandonare l’ascia di guerra contro se stessa e imparare a lasciarsi andare. Abbiamo intervistato l’autrice ponendole qualche domanda: Quanto la scrittura è importante per te? Per me la scrittura è una ragione d’essere, di vita. E non lo dico esagerando i toni, ma davvero non potrei mai vedere la mia esistenza privarsi dell’atto coraggioso, doloroso e terapeutico che la scrittura rappresenta. Per me è un viaggio interiore, un percorso di psicoanalisi e introspezione cui non riesco a staccarmi. Così come la lettura. Sono due componenti essenziali per la persona che sono e per quella che voglio diventare. Mi nutro di storie, di parole, di personaggi. La scrittura è essenziale per me quanto l’aria, l’acqua e il cibo. È fonte primaria di vita. In una intervisti dici che è nato prima il titolo e poi il testo narrativo. Mi spieghi il perché di questa scelta? È vero, è nato prima il titolo di tutto il romanzo. Non so spiegare bene il motivo, credo che abbia a che fare con la mia interiorità. Ho ideato il romanzo quando ero in una fase difficile della mia vita, ero cieca di fronte a molte verità che, infatti, volevo negare, sia per la mia storia, la mia disabilità, sia come scrittrice ed artista. Credo che sia nato tutto da lì. Da quelle semplici verità che non ero pronta ad affrontare. E poi, mettendomi a narrare una storia, tutto è divenuto immancabilmente naturale. Per questo prima il titolo. Avevo già la mia direzione di scrittura. L’obiettivo: perdonare e perdonarmi. Quali difficoltà, se ci sono state, hai trovato nel parlare di disabilità? Parlare di disabilità è sempre un percorso arduo. Si rischia sempre di dire la cosa sbagliata, urtare la sensibilità di qualcuno, non capire pienamente la storia e i dolori delle altre persone. Ho incontrato molte difficoltà, dovute per lo più all’ignoranza che ancora si ha di questo mondo. Mi sono dovuta affrancare dall’etichetta di “disabile” per essere presa sul serio. Quando ne parlo a voce, molte volte vengo sommersa da un’ondata di pietismo non richiesto. Quando invece ne discuto sui social incontro moltissimi haters che non fanno che dirmi di smetterla, che a una ragazza non si addice parlare di argomenti difficili, altri ancora mi promettono che diranno una preghiera per farmi guarire. C’è ancora troppa confusione. E discriminazione. Ma sono qui per questo. Per tentare di sensibilizzare, di normalizzare. E finalmente, forse, di distruggere pregiudizi e tabù. Nel 2022 sarebbe anche l’ora! A chi è in dirizzato il tuo libro e soprattutto, cosa pensi che la lettura del tuo libro debba lasciare in chi legge? Il mio libro credo sia indirizzato a persone che abbiano una notevole sensibilità, che vogliono sentire una storia fuori dall’ordinario, che non abbiano paura del diverso, ma forse curiosità e che siano in cerca di emozioni forti. Non so cosa possa lasciare la lettura del mio romanzo, io spero una buona dose di emozioni, di creare legami con il lettore, e soprattutto un’opera di riflessione personale e di introspezione. Vorrei far capire come questo mondo che si dichiara così aperto, tanto aperto non lo è. E poi, sì, voglio emozionare, lasciare una parte di me, probabilmente la più importante: la mia storia, i miei sentimenti. Quali sono i tuoi prossimi progetti? Sicuramente in un futuro prossimo vorrei dare alla luce un altro romanzo per continuare questa difficile professione dello scrittore. Ho molti progetti in ballo, in realtà: un cortometraggio che sta nascendo, un altro libro e poi tutti gli spostamenti per portare in giro la mia prima creatura. Il prossimo mese, il 23 ottobre, sarà ospite al festival letterario Libri in Nizza e poi a febbraio sono stata scelta per rappresentare l’Italia al prossimo festival di Sanremo, nella rassegna culturale di Casa Sanremo. Questi sono i due appuntamenti che più mi esaltano, ma ci sono moltissime presentazioni e firmacopie -dentro e fuori dalla Toscana- che mi aspettano e a cui non vedo l’ora di partecipare
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