“Si tolga il cappello!” “Perché?” “Per rispetto alla Corte” “E vediamo se la Corte se lo merita…” L’autunno cinematografico inizia con ottime premesse; nelle sale dall’8 settembre è in programmazione Il Signore delle Formiche, la vicenda processuale di Aldo Braibanti, figura di spicco nel panorama intellettuale italiano del secondo novecento. Un passato da partigiano, le brutture delle violenze inferte dalle truppe nazifasciste durante la sua prigionia, l’esperienza politica nel Partito Comunista. Definito da Carmelo Bene “Genio Straordinario”, stimato da Alberto Moravia, Pierpaolo Pasolini,Umberto Eco, Vittorio Gassman, Dacia Maraini, Elsa Morante, Franco Fortini, per citarne alcuni. Eppure non particolarmente noto a causa anche della censura applicata ai suoi scritti, sequestrati e mai restituiti. Ma il pensiero, il suo in particolare, deve essere libero ed ha continuato a forgiare arte in tutte le sue forme e sfaccettature. Gianni Amelio riporta sul grande schermo il filone civile, il genere cinematografico che ha portato in auge il nostro cinema nel periodo del neorealismo, e lo fa puntando sia sulle certezze senza evitare, tuttavia, il rischio, aspetti che riguardano il cast. Le certezze sono Luigi Lo Cascio ed Elio Germano, il rischio scommettere su attrici ed attori alla prima esperienza per i ruoli dei fratelli Ettore e Riccardo, di Susanna,la madre di Braibanti, del giovane Manrico… Un vero scopritore di talenti Gianni Amelio, in particolare mi riferisco a Leonardo Maltese. I suoi lineamenti angelici, la voce gentile consentono al pubblico di affezionarsi ad Ettore Tagliaferri, di provare rabbia per quello che è costretto a sopportare, di commuoversi quando rende al processo la sua deposizione, di avere voglia di stringerlo forte nella scena finale. Non meno talentuosa Rita Bosello, nei panni di Susanna, una madre che consiglia al figlio di andare via da quel posto, “non ti ho fatto nascere per stare in questa città”. La sua bella interpretazione dona al pubblico il dramma di una madre che ama suo figlio incondizionatamente, senza vergogna, senza colpa, e che tuttavia ogni giorno sopporta gli sguardi ostili della gente che quella colpa e quella vergogna le consegnano, senza sconti, senza appello. Il film racconta due madri ed il loro opposto modo di amare. Susanna prova a salvare Aldo consigliandogli di lasciare la sua città per trasferirsi a Roma, dove spera, possa respirare aria di libertà. La madre di Ettore lo consegnerà ad un atroce destino, convinta di agire secondo la volontà di Dio, affidandosi al pregiudizio, agli ospedali psichiatrici, ai giudici ed alle preghiere. La scena iniziale catapulta il pubblico nella crudezza della storia. Siamo a Roma nel 1965. Poi la corsa di Luigi Lo Cascio che dall’androne della Pensione Adua prova a rincorrere chi gli sta portando via Ettore, viene interrotta dalle immagini di una Festa dell’Unità di qualche tempo prima, sempre a Roma nel 1964. Sul palco non c’è più nessuno, pochissime le persone ancora presenti ma in procinto di andare via, tra questi il corrispondente per L’Unità, Ennio Scribanti, gioca con il pane mentre attende sua cugina intenta a sparecchiare le tavolate, ed intanto poco lontano da lui Aldo ed Ettore parlano di poesia. Il loro incontro era avvenuto nel 1959, nel torrione Farnese a Castell’Arquato, il luogo dove Aldo Braibanti avviò un laboratorio culturale. Ettore accompagnò suo fratello Riccardo che da tempo frequentava quel luogo di sperimentazione, evidentemente provando a colpire il Professore, così veniva denominato Braibanti, attraverso speculazioni filosofiche sul piano teoretico, ma ottenendo l’effetto opposto. Scontri spesso accompagnati da giudizi pesanti da parte del Professore che Riccardo subiva senza possibilità di replica. La benevolenza di Aldo verso Ettore, animo gentile e creativo, amante del disegno e della pittura, alimenta l’astio del fratello. C’è da chiedersi se quella rabbia di non essere stato scelto come il discepolo favorito, non sia stata la miccia che abbia scatenato quel devastante incendio. Emblematiche le parole di Riccardo ad Ettore a proposito di Aldo: “ti farà soffrire”. Un film che riporta alle atmosfere de La Grande Bellezza durante la festa di compleanno del migliore amico di Aldo sulla terrazza romana, del Pasolini di Abel Ferrara quando il Professore incontra Manrico nel campo, de La Meglio Gioventù in occasione delle manifestazioni di protesta durante il processo, de I Cento Passi nel rapporto tra Susanna e Aldo. Per concludersi poi con l’immagine poetica di un ultimo abbraccio al suono dell’Aida e sullo sfondo un striscia di papaveri rossi, tutto invoca la Libertà. Il reato di plagio inserito nel codice penale in seguito alla riforma Rocco del 1930, fu poi abolito nel 1981. Fu un processo politico, fu un processo ideologico, fu un processo ingiusto.
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