Quaranta anni di storia personale e di storia d’Italia in “Tabacco clan” di Giuseppe Lipo, appena edito da Marsilio, quaranta anni di crescita, sconfitte, vittorie, al centro i ragazzi del Clan, ragazzi delle periferie italiane che convergono nella Milano da bere degli anni ’80. Ognuno portatore di usanze e di parole; tutti, ragazzi che da terre lontane e diverse rincorrono il sogno dell’autonomia. Si ritrovano a vivere insieme in un pensionato a regime cattolico poco illuminato e insieme mettono in atto strategie per crescere e affrontare la vita. Gli anni ’80 sono gli anni del divertimento che porta all’oblio delle brutture del passato, è il tempo dell’apparente leggerezza, del disimpegno anche politico. Loro, tutti maschi e con uno sguardo per lo più ammiccante al femminile, insieme sono forza vincente, usano uno slang personale, sintesi dei tanti lessici familiari che si portano dietro. Attraversano gli anni ’90 e il rinnovato vigore di scelte sociali e politiche, approdano alla fine del secolo ognuno con le proprie speranze, ognuno con un lavoro che lo riporta a casa o che lo porta lontano. Sono amici e la loro amicizia è cementata da sincerità, di loro non si conoscono i nomi, si chiamano con soprannomi appiccicati addosso per caratteristiche personali, la voce narrante è quella di “piccolo chimico”. Un weekend sulle sponde del lago, in attesa di un matrimonio che unirà ancor più gli amici (gli sposi, infatti sono figli di due membri del clan) ed è il momento di raccontarsi, di ricordare, di attraversare ancora quattro decenni fatti di speranze in attesa che il mondo cambiasse. Il matrimonio con l’annuncio del quale si apre la narrazione diventa fatto marginale (e il lettore scoprirà perché) mentre il flusso di coscienza della narrazione avvolge il lettore rendendolo partecipe di momenti di forte condivisione emotiva.
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