In scena un uomo solo, solo come è la sua anima alle prese con le domande che lo angosciano da sempre. Una sera di tanti anni prima, una parola, “aborto”, per lui ancora senza significato, ma già carica di assenze gli fa nascere dubbio che lo accompagnerà sempre. Dall’assenza di un fratello non nato, la sua possibilità di nascere e di vivere in un posto di periferia, attento alle apparenze e ai festeggiamenti rituali cercando di nascondere le angosce. Un padre egotico e anaffettivo, una madre che non ha più lacrime da piangere, una solitudine che si addensa attorno al protagonista sono le cose di cui si circonda e l’unico spiraglio di vita lo intravede in una donna che gli vende l’amore che non può donargli raccontandogli le sue storie di misera e di assenza. In uno spazio chiuso e delimitato da led, con un varco minimo da cui il protagonista, in uno sforzo come quello della nascita arriva in scena, la narrazione si snoda attraverso i ricordi e le speranze nei quattro angoli, ognuno dedicato all’ipotetico dialogo con l’altro: la madre, il padre, Marta, la prostituta e infine quel fratello che non c’è mai stato, ma dalla cui assenza è nata la sua possibilità di vita. E sono invettive, parole urlate a chi gli ha permesso di vivere una vita costretta, a chi non gli ha dato possibilità di scelta in una narrazione potente, coinvolgente, intima, dolorosa, carica di fisicità, sulla difficoltà di parlarsi e di raccontarsi la verità, difficoltà che in qualche maniera si supera solo se si è di fronte a uno sconosciuto. Con l’ottimo Sergio Del Prete, Francesco Santagata per le elaborazioni musicali
Prossimo appuntamento di Obiettivo T il 31 marzo con “Gemito-l’arte d’o pazzo” di e con Antimo Casertano
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