- Signora Preside, è francamente ridicolo che lei possa anche solo dare un minimo credito a questa storiella! - L'hanno fatto una volta, l'hanno fatto una seconda volta… lo farebbero una terza Educazione Fisica è un film complesso.
Interamente girato in una vetusta e scura palestra, l’unica scena luminosa è quella iniziale: un grande piazzale in terra battuta come spazio antistante di un triste edificio. Quella vecchia struttura è una scuola.
La scena lascia pochissimo spazio all’immaginazione, il riferimento ad uno Stato che investe poco nell’istruzione è tanto evidente quanto volutamente esplicito.
Il nocciolo della storia è comprensibile dal trailer: la dirigente scolastica di un istituto omnicomprensivo convoca le famiglie di tre studenti di scuola secondaria di I grado (la scuola media pre riforma Moratti…ha fatto più casini che altro spingendo nel baratro il sistema scolastico italiano…ma questo è un altro discorso) in palestra per metterli al corrente di un evento gravissimo perpetuato ai danni di una compagna di scuola da parte dei rispettivi figli.
La presenza dei ragazzi che giocano a pallacanestro nel campetto della scuola, si sente al di là dei vetri imbrattati, le loro sagome si scorgono attraverso i vetri rotti. La loro spensieratezza si oppone al nervosismo dei loro genitori: un padre benestante ed arrogante, una madre single diventata particolarmente iperprotettiva in seguito al all’abbandono del marito, ovviamente assente anche come padre, una coppia di genitori adottivi di un ragazzino di colore, solo apparentemente mansueti ed animati da principi filantropici, si presentano al colloquio in compagnia del cagnolino. Non lo lascerebbero mai da solo, penserebbe di essere stato abbandonato.
Tre stati socio culturali ed economici ambientali differenti, tre diversi stati sociali accomunati da figli accusati di un crimine atroce, la cui gravità è ancora più importante a causa della reiterazione.
La Dirigente Scolastica si fa attendere, quel tempo serve alle famiglie giunte puntuali all’appuntamento, di interrogarsi sul motivo di quella strana convocazione sia rispetto all’ora che al luogo.
Le congetture sono le più disparate; si ventilano richieste di donazioni per la ristrutturazione di quella palestra rimasta identica sin da quando gli stessi genitori erano alunni di quella scuola, a episodi di razzismo nei confronti del ragazzino di colore.
Il ritardo della dirigente scolastica all’appuntamento viene fatto notare dai convocati senza mezzi termini, perché coloro a cui tutto deve essere concesso, nulla deve concedere. La coppia mansueta pare manifestare più comprensione, la maschera regge ancora bene.
Giovanna Mezzogiorno interpreta la Dirigente Scolastica, madre nella finzione come nella vita di due gemelli, vista la gravità e la delicatezza della questione informa i genitori convocati di quanto è accaduto in quella palestra, in quell’ambiente poco sicuro, unico aspetto oggettivamente rilevato dalle famiglie.
“Come si può lasciare che i nostri figli facciano educazione fisica in un posto come questo!”
La denuncia della studentessa, la sua unica versione mette sulla difensiva le famiglie, il padre benestante, la madre single, la coppia mansueta manifestano incredulità ognuno secondo il proprio stile; aggressivo, arrogante, incredulo.
La dichiarazione della Dirigente di dover procedere comunicando a chi di dovere quanto accaduto, scatena un crescendo di rabbia che aumenta progressivamente alimentando dialoghi violenti e minacciosi. Solo talenti come Angela Finocchiaro, Claudio Santamaria, Sergio Rubini, Raffaella Rea avrebbero potuto trasformarsi in mostri pur restando nei rispettivi ruoli. Diventano davvero mostruosi: il trucco della Rea di scioglie cerchiandole gli occhi di nero e dandole le sembianze di uno zombie, Santamaria ostenta una fisicità imponente, con le sue spalle larghe e le movenze decise ricorda un gigante, la Finocchiaro da timida madre amante degli animali e dei principi filantropici diventa una strega, Rubini prova a restare umano ma non riesce.
Il film è claustrofobico, surreale, disturbante ed angosciante.
La sceneggiatura firmata dai Fratelli D’Innocenzo racconta,secondo lo stile spesso spietato che caratterizza la loro cinematografia, la deriva genitoriale e la frustrazione che da essa scaturisce, i cui effetti si riverberano nell’ambiente scolastico.
Il film è complesso, non lo si sceglie se si ha voglia di leggerezza.
Si sceglie di vederlo se si ha voglia di cogliere i numerosi sottotesti, perché genera confronto.
Le molteplici letture permettono di destrutturare la vicenda epurandola dal surreale, evidentemente voluto, e ricostruirla in modo veritiero.
La mostruosità non è solo quella delle famiglie, portate oggi a difendere i figli anche quando l’evidenza li rende indifendibili.
La mostruosità è nell’assenza del senso di colpa di quei tre ragazzi che continuano a giocare a pallacanestro senza alcuna elaborazione di quanto fatto.
La mostruosità è in quella palestra, un luogo scuro, decadente, la cui pericolosità è percepibile anche da chi non si occupa di sicurezza, eppure continua ad essere utilizzata.
La mostruosità è nel disinteresse della politica che non si prende cura dei luoghi destinati alla scuola, riservando ad essa edifici fatiscenti ed inaccoglienti.
Il film è mostruoso perché racconta una realtà mostruosa.
Ci vogliono occhi attenti e menti allenate per poter cogliere un’altra opera scritta dai fratelli D’Innocenzo e accuratamente realizzata dal regista Stefano Copriani, per comprendere che anche questa volta non si salva nessuno.
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