Sara, ospita Musnada fuggita dalla guerra di Sarajevo, è sola e finisce per rifugiarsi in casa sua, memore di una antica amicizia, di tempi passati lavorando insieme o nelle ore libere, passeggiando in riva all’Adriatico. Si erano conosciute negli anni Ottanta al festival del Cinema jugoslavo a Pesaro, dove anche Musnida lavorava con lei, mentre sua sorella Slavenka l’aveva seguita per una vacanza.
Poi la guerra dei Balcani e Slavenka era stata uccisa mentre cercava di recuperare il corpo di suo fratello freddato su un ponte. L’Antigone di Sarajevo, l’avevano chiamata, mentre sua sorella, come Ismene, la sorella di Antigone, non aveva osato. Anche Sara ha una sorella e non potrebbero essere più diverse di come sono, una riflessiva e persa dietro un amore fallito, l’altra apparentemente scoppiettante, ma in preda a un rapporto conflittuale con sua figlia. Tre coppie di sorelle, quindi, in questo romanzo che Chiara Ingrao ridà alla stampa per Baldini e Castoldi. Tre coppie di sorelle che a Tebe nel passato remoto, a Sarajevo e Roma nel passato recente, si attraggono, si respingono, si interrogano sulla vita e sulla guerra e sul come da un Noi si possa inesorabilmente passare ad un solitario Io. Bello l’incipit con quel ritorno a casa in una giornata che da “normale” diventa cascata di ricordi. Un bus, un ragazzotto un po’ bullo da una parte, una voce che risponde a telefono dall’altra e quella domanda “ ma perché te la sei presa in casa?” che qualcuno rivolge ad una sconosciuta per ricordare ciò che si era ormai sedimentato nella mente.
E la narrazione, che alterna alcuni passi di Ismene al racconto in prima persona, passa attraverso le varie fasi di una amicizia che è silenziosa perché se tanta e convinta è l’accoglienza “ il resto è silenzio” e Musnada è sempre più trincerata dietro un mutismo dal quale esce per scrivere in italiano files di poesie o di storie che forse vorrebbero far intendere una verità taciuta.
Un libro che prende l’anima: sembra quasi di vedere Musnada (Pacifica, la traduzione del suo nome) alle prese con i sensi di colpa, alle prese con una voglia insana di non essere che passa attraverso l’inappetenza e il malessere. Sembra quasi di percepire il malessere di Sara che si trova in casa un’estranea, per quanto collega, e alterna una velata gelosia alla rabbia di non riuscire a gestire un rapporto per lo più fatto di silenzi.
Trent'anni sono passati da quel momento mentre un’altra guerra sta facendo stragi in Europa minacciando la serenità di tutti, così racconta Raffaella Chiodo Karpinsky nell’interessante postfazione al libro che presenta anche un’importante capitolo dedicato alla cronologia della Guerra nei Balcani (1991/1995)
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