L’attraversamento di un dolore intenso, intimo, devastante, il suicidio di chi per anni è stato l’altra parte di te, “La vita di chi resta” (Mondadori) è un libro in cui Matteo B.Bianchi, l’autore, parla di vita, di morte e di tutto ciò che ne è intimamente unito. Una storia d’amore che anche quando finisce è sedimentato in qualche parte dell’anima, una storia di sofferenza, di senso di colpa, di possibilità e di impossibilità che procede in maniera apparentemente casuale, “pescando nei frammenti di ricordi”, sempre struggenti, nelle angosce, nei tentativi di conoscenza per arrivare a capire il motivo di quel suicidio, in quella casa che li aveva visti innamorati. E MatteoB., Bianchi diventa così un “sopravvissuto”, così sono indicati coloro che sopravvivono a un lutto così devastante, e da sopravvissuto attraverserà tutte le stanze del dolore, ritroverà l’ombra di chi ha amato in una persona, in un oggetto o un odore, vivrà in una perenne attesa nel tentativo di metabolizzare un dolore così lancinante. Era il 1998 e da allora, l’autore ha raccolto frammenti di pensieri, ricordi, sensazioni fino a riuscire, dopo tanti anni, a riuscirne a parlare e a scriverne. E’ un libro che coinvolge chi legge, che attira nelle spire di un dolore che da personale si fa universale, che prova a trovare vie di fuga che facciano immaginare un futuro. Non è un libro sul suicidio, piuttosto è sul senso del dolore e della solitudine, non è un libro consolatorio, anzi è dolente e spesso ci si ritrova a commuoversi e ad emozionarsi fino alle lacrime, ma in qualche modo è un libro necessario quasi come viatico per chi (e purtroppo capita a tutti) è costretto ad incrociare la morte di una persona cara. Decisamente consigliata la lettura
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