Violenza di genere, violenza contro le donne, femminicidio. Parole vuote se al loro riconoscimento non si attiva anche un deciso cambio, quella rivoluzione culturale così tanto invocata e così difficile da realizzare. Troppo forte e radicato ancora èil patriarcato e purtroppo anche in molte donne, trasversalmente ai luoghi e al censo. Da dove iniziare? Complesso dirlo in poche parole ma decisamente a partire dalle famiglie dove devono necessariamente essere abbattuti gli stereotipi di genere e deve essere attuata una reale educazione inclusiva in cui non ci si vergogni (o peggio si giustifichi) se un figlio venga invitato a rifarsi il letto o a passare l’aspirapolvere, a stirare o cucinare come normalmente si fa con le figlie. Poi la scuola che dovrebbe sempre più aprirsi ad una reale e efficace educazione affettiva che sia naturalmente inclusiva e porti al rispetto di tutti e tutte. Ancora troppo vivo il ricordo di una pessima esperienza in un istituto superiore cittadino dove con la responsabile di un centro antiviolenza siamo intervenute in occasione del 25 novembre. Ebbene, il responsabile di plesso ci attaccò perché, a parer suo, le nostre parole erano portatrici di malessere per le studentesse (e non per gli studenti), invitandoci più o meno celatamente a non mettere più piede in quella scuola. La società, infine, è responsabile di molti, troppi messaggi sbagliati: pubblicità fuorvianti, programmi radiotelevisivi dal dubbio valore culturale che mettono al centro “l’oggetto” donna, i social con i mille messaggi nemmeno tanto subliminali che propongono il predominio dell’apparire e non dell’essere. A volte mi sento in una spirale senza senso, ho la percezione che le lotte degli ultimi 40 anni e le rivendicazioni di diritti (che pur hanno prodotto nuove normative) stiano ritornando al nulla. A volte penso che “tutto cambia per non cambiare mai davvero” e lo penso a ragion veduta. La ragazzina trovata a piangere sconsolata sui gradini di casa che mi ha confessato di aver sbagliato tutto perché “non ha rispettato” il suo fidanzato che le aveva proibito di andare alla festa di compleanno della cugina (parliamo di ragazzi e ragazze intorno ai 14 anni), ne è testimonianza. E non era la prima volta, nel recente passato lui le aveva proibito di uscire con le sue amiche e perfino una pizza con i genitori era stata motivo di litigio. “Si è giustamente arrabbiato” mi ha detto tra le lacrime perché lei aveva osato disobbedire. Ho una sola domanda nei sentimenti contrastanti che accompagnano queste mie parole, pur nella consapevolezza che oggi più che mai l’impegno è ancora alla lotta per rivendicare effettive, reali pari opportunità: “Dove abbiamo sbagliato?”
articolocontrolaviolenzadigenere #rompiamoilsilenzio #unite @uniteazioneletteraria Questo articolo è parte di una campagna cui hanno aderito scrittrici e giornaliste italiane per denunziare la violenza di genere |