“ - Io ho frequentato l’Accademia” - Ahhhh! - E l’ho anche finita! - Adesso che hai finito l’accademia perché non apri una tabaccheria?”
Romeo é Giulietta, nelle sale dalla scorsa settimana, é un film leggero, divertente ed intelligente. Diretto da Giovanni Veronesi, regista e sceneggiatore tra i più apprezzati nel panorama cinematografico italiano, realizza una sottile critica agli pseudo talenti, quello decretati dai social, quelli usciti dai reality, quelli che vantano formazioni accademiche che di accademico hanno ben poco. Sergio Castellitto è Federico Landi Porrani, lo spigoloso, irriverente regista gay in crisi artistica. Molto stimato negli anni ‘80 per la sua avanguardia nel teatro di sperimentazione, pare abbia perso smalto e creatività, i suoi ultimi lavori non hanno riscosso il parere positivo della critica, di un critico in particolare. Ha bisogno di stupire il pubblico, ambisce ad entrare nel cartellone della imminente edizione di Spoleto teatro, vuole proporre una versione rivisitata di Romeo e Giulietta. Il suo compagno, il produttore, la truccatrice e costumista sono le persone che quotidianamente sopportano le sue intemperanze. Il cast selezionato da Veronesi è una certezza di successo: Maurizio Lombardi interpreta Lory, il fedele e paziente compagno, Alessandro Haber è Alessandro Festa, lo scettico produttore, Geppi Cucciari interpreta la simpatica Gloria, una mamma single il cui ruolo sarà determinante nella sostituzione della congiunzione con il predicato nominale, insomma quell’accento che farà la differenza. Pilar Fogliati, nel duplice ruolo di Vittoria e Otto Novembre, si conferma un interessante talento del nostro cinema contemporaneo. Ha il pregio di compenetrarsi nel personaggio e portarlo in scena con naturalezza e disinvoltura. È brava, non ci sono dubbi. Benché i ciak a lei riservati siano pochi, tuttavia sono sufficienti per apprezzare Margherita Buy, notevolmente invecchiata da un trucco fatto ad arte, interpretare nonna Clara e la sua forte steccata al cinema dove “si sussurra” rispetto al teatro “dove si parla”. Il ritmo narrativo è veloce, sempre colorato e divertente, mai banale. La mia opinione è che il film racconti l’amore nelle sue più disparate sfumature: l’amore per il teatro innanzitutto, per quel palco che merita rispetto, come diceva Gigi Proietti ai suoi allievi “quando sali sul palco di un teatro dovete dargli del Lei”. L’amore per la propria professione. L’amore che richiede pazienza, comprensione, tolleranza. L’amore che sa perdonare. L’amore che persevera. L’amore che premia. In quella scena finale dove il silenzio del regista e della protagonista, riflessi nello specchio del camerino, racconta la rabbia di lui ed il timore di lei, che rispettivamente si trasformano in gratitudine e leggerezza, si osservano Castellitto in tutta la sua bravura e la Fogliati bella come la Callas. Nel colpo di scena finale, naturalmente improvvisato dal giovane Capuleti, si manifesta in quell’unica scena la rivisitazione in chiave contemporanea della tragedia shakesperiana. Un film solo apparentemente leggero che dona al pubblico una visione allegra e sagace.
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