“Sono la regina di Auschwitz”
Dopo aver visto "La zona di Interesse", la mia convinzione che l’Italia porti casa l’Oscar dopo La Grande Bellezza, ha cominciato a vacillare. La speranza di vedere Matteo Garrone ed il suo splendido cast il prossimo 10 marzo, sul palco del Dolby Theatre resta sempre viva perché Io Capitano è un film ben girato, ben interpretato che racconta una tragedia contemporanea. "La zona di interesse", nelle sale dallo scorso 22 febbraio, è una narrazione raffinata, la sceneggiatura prende le mosse dall’omonimo romanzo di Martin Amis, la cui prima pubblicazione risale ad agosto 2014. A realizzare la non semplice impresa di farne un adattamento cinematografico è Jonathan Glazer, famoso per la sua parsimoniosa produzione cinematografica. Di Glazer ricordiamo Birth – Io sono Sean film disturbante del 2004, dobbiamo attendere il 2023 per Under the skin, fu poco apprezzato dal pubblico eppure la BBC lo ha inserito tra i migliori 100 film del secolo. "Zona di interesse" è il termine burocratico con il quale i nazisti indicavano lo spazio di 40 mq a ridosso del perimetro del campo di concentramento. Quella zona divide l’inferno dal paradiso. Protagonista del film sono i colori ed i rumori sullo schermo, anticipano le scene lasciando il pubblico in attesa che su di esso si palesino i personaggi. Quelle attese destano curiosità, favoriscono l’attenzione che si focalizza sui suoni e sulle sfumature cromatiche. Sin dall’inizio del film, si ha la sensazione di assistere ad un film sonoro, un film che va ascoltato oltre che guardato. La famiglia di Rudolph Hoss, il comandante del campo di lavoro di Auschwitz, vive serenamente la sua quotidianità. Le bambine giocano nell’ampio giardino, i bambini si riconcorrono e scappano nella serra, la madre algida si prende cura dei suoi fiori, meno della neonata che di notte piange senza sosta accudita da una balia esausta. Tante persone prestano servizio in quella casa, che sovente ospita feste in piscina, banchetti all’aperto, spensieratezza. Il muro di cinta del campo sormontato dal filo spinato è ben visibile dal giardino, dal quale si scorgono le torrette vigilate dai soldati, i comignoli dei forni, il suono delle sirene, gli spari, i comandi urlati dalle SS, le grida di dolore delle persone, il silenzio assordante dopo le esecuzioni. Quando arriva la madre di Hedwig, il saluto tra lei e la figlia è poco più che formale, nessun abbraccio, nessuna espressione di affetto. La figlia accompagna sua madre nella camera delle bambine, una stanza accogliente, il parato rosa, le tende bianche, gli arredi curati, fanno di quel luogo un posto rassicurante. In piena notte, i rumori provenienti dal campo svegliano la madre di Hedwing. La donna sposta lentamente le tende perfettamente inamidate, un bagliore rosso illumina il suo viso. La mattina successiva non scende a fare colazione, nella camera delle bambine non c’è nemmeno la sua valigia. Hedwing non batte ciglio, prende atto della partenza di sua madre senza chiedersi il motivo. Rudolph si dedica alla sua famiglia quando finisce di lavorare, a detta di sua moglie lavora tantissimo, la raggiunge a letto quando lei già dorme, provvedendo meticolosamente a controllare e spegnere le luci prima di andare a dormire. E dopo aver accolto nel suo ufficio una donna con lunghi capelli rossi, seduta in fondo alla stanza, si prepara a quello che si intuisce accadrà dopo, dalla sistematicità dei suoi gesti. Mentre il fumo nero copre le nuvole, il fiume restituisce le ceneri e resti dei cadaveri. A turbare la quiete della famiglia Hoss è la notizia del prossimo trasferimento di Rudolph a Berlino, si tratta di una promozione poco ben accolta dallo stesso comandante ancor meno da sua moglie. L’armonia familiare subisce un contraccolpo quando Hedwing dichiara di non voler seguire il marito, di non voler lasciare quella casa, il suo giardino, la sua serra. Chiunque arriverà a Cracovia per prendere il posto di suo marito, dovrà trovare un altro alloggio; questa la richiesta che per conto di sua moglie, Rudolph porrà ai suoi superiori. Moltissime sono le scene potenti in questa ricercata narrazione, ma quella che mi ha letteralmente rapita è Rudolph che scende lungo le scale dell’edificio delle SS, è solo, non c’è più nessuno, ha appena chiamato sua moglie per darle una bella notizia: tornerà ad Auschwitz perché a lui è stato affidato il comando della deportazione degli ebrei ungheresi. La moglie appare infastidita dalla telefonata arrivata nel cuore della notte, reagisce alla notizia senza entusiasmo e repentinamente riattacca. Rudolph esce dal suo ufficio, si appresta a lasciare l’edificio, una luce sebbene fioca illumina la tromba delle scale. Il comandante improvvisamente si ferma sul pianerottolo e osserva un punto preciso. La scena si sposta ai giorni nostri, si vedono le persone addette alle pulizie nel Memorial and Museum Auschwitz, provvedere prima dell’orario di apertura. La scena poi torna su Rudolph, continua a scendere le scale, non c’è più quel lieve bagliore di luce. Sta scendendo verso l’Inferno. Il pregio del film sono gli effetti sonori, per i quali è stato candidato agli Oscar. E’ abbastanza singolare che un film straniero sia stato candidato oltre alla categoria che più gli appartiene, ovvero Miglio Film Straniero per il quale è dato come favorito, anche in categorie destinate a film in lingua inglese, Miglior Regia, Miglior Sceneggiatura non originale oltre alla già citata Miglior Sonoro. Il regista avrebbe voluto utilizzare per le riprese la casa dove Hoss ha realmente vissuto, è non è stata possibile in quanto si tratta di un bene dichiarato patrimonio dell’UNESCO. In modo maniacale, Glazer ha realizzato la stessa identica abitazione, identica negli spazi e negli arredi. Ben un anno prima delle riprese si è provveduto a piantare i fiori per il giardino. Il Post riporta che il cast sovente ha recitato senza la troupe, il regista ha utilizzato una rete di videocamere nascoste, opportunamente installate, per restituire al pubblico la naturalezza della quotidianità di una famiglia borghese. Un altro aspetto evidente è l’attitudine al comando di Hedwig, per lei il marito comunica ai suoi sopposti che saranno presi seri provvedimenti nei confronti di coloro che rovineranno i lillà deturpando così il decoro del campo. Ognuno comandava nel proprio regno. E la storia si ripete.
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