Il dramma della solitudine che a tratti diventa grottesco, la disperazione del senso di vuoto, una vita appiattita sulla cura dei figli e l’inevitabile assenza. Questo in scena ieri al Comunale di Benevento con Lunetta Savino in scena con “La madre” di Florian Zeller. Con lei Andrea Renzi, Niccolò Ferrero e Chiarastella Sorrentino guidati dalla regia di Marcello Cotugno per una produzione Compagnia Moliere in coproduzione con Teatro di Napoli – Teatro Nazionale e Accademia Perduta Romagna Teatri Scena volutamente essenziale, luci bianche e gelide, colori sui toni del beige per gli abiti tutti i protagonisti e le protagoniste, il tutto per accentuare il senso di vuoto che è tangibile e palpabile. La storia comune a tante: 25 anni di matrimonio e di abnegazione, un marito che non cresca ed è sfuggente e poco presente, una figlia “che mi è antipatica dalla nascita”- racconta la madre che evidentemente ne percepisce sentimenti antagonisti - e un figlio che ha finalmente spiccato il volo “innamorato di quella” e che non chiama e non risponde ai messaggi. La storia si sviluppa su plurimi piani temporali e interpretativi a restituire la realtà in quanto tale e quella immaginata dalla protagonista che alla fine, nonostante l’abito rosso che avrebbe dovuto restituirle una nuova vitalità (unica nota di colore assieme al filo rosso che si erge come labirintica ossessione intorno alla madre,) cede all’alcool e ai sonniferi. La ritroveremo in un letto d’ospedale dove il figlio “ucciderà” metaforicamente la madre, il marito tornerà apparentemente al suo fianco e tutto ricomincerà seguendo i binari della solitudine, del senso di vuoto e della sofferenza. E’ un dramma che non ha via di fuga, che entra nell’intimo dei pensieri di una donna che assurge a simbolo di tutte le donne che non riescono ad autodeterminarsi e ad essere se stesse al di là del ruolo di cura che la natura e il patriarcato imperante le affidano; un percorso strettamente psicologico all’ombra, sembrerebbe, delle teorie freudiane.
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