Quanta verità in questo libro appena edito da Fandango, un libro schietto, sincero, che non le manda a dire. A molte di noi è capitato ( e capita ancora troppo) di non riuscire a contenersi di fronte all’ennesima battuta sessista o all’ennesimo stereotipo e di iniziare arringhe in difesa di un determinato pensiero. Ecco, è lì che parte immediatamente l’accusa di essere “non solo femminista, ma anche guastafeste”, l’accusa di non riuscire a tacere almeno una volta per evitare discussioni, di non essere ancora una volta omologata al pensiero comune di quel tempo e di quel luogo. E l’autrice è in ottima compagnia se definisce femministe guastafeste personaggi come Alice Walker, Angela Davis e Claudia Rankine. Cinque capitoli per dimostrare che è necessario essere guastafeste se si è femministe perché è impossibile passare sopra a certi modi di pensare che se non stigmatizzati diventano sentire comune e portato culturale di tutti e tutte. Acquisire la consapevolezza del proprio femminismo e portarlo avanti nonostante gli stereotipi comuni, questa la chiave di lettura del libro, ma direi della vita, non sentirsi obbligate a sorridere di fronte a battute sessiste “solo perché stiamo scherzando” perché, afferma l’autrice “è solo attraverso l’essere guastafeste che si può sfidare il sentire comune e provare a sovvertire il patriarcato imperante”. Non solo un saggio, quindi, ma un vero e proprio manuale che spinge a realizzare atti concreti per un libro che è molto coraggioso e necessario. |